E’ mai possibile – in realtà, come accade a me – non aver compreso bene che cosa sia l’io?
Ho sentito le vostre discussioni e mi hanno colpita alcune cose; ad un certo punto, qualcuno tra voi ha detto: “L’io è consapevole di questo, l’io è consapevole di quello”.
Mi sono detta: “Qua c’è qualcosa che non quadra!” Se non ricordo male l’insegnamento, la consapevolezza è qualche cosa che riguarda il sentire, che riguarda la coscienza, no?L’io non può avere sentire o coscienza, non è un’entità che compie un cammino evolutivo! L’io non può essere consapevole, l’io non ha sentimenti, l’io non pensa, l’io non ha un sentire, l’io non ha un perché.
Tutti i discorsi che si possono fare figurativamente riferiti all’io in questo senso sono soltanto per poter dare una spiegazione ma, in realtà, l’io non è altro che un meccanismo, non ha una sua vita particolare, anzi, in realtà, non esiste neppure!”
Zifed, Cerchio Ifior, Dall’Uno ai molti, Volume 2, pag.43
Quello che chiamiamo io, ego, identità, è lo specchio di ciò su cui la coscienza sta lavorando, sono gli aspetti dell’esistenza non compresi e che necessitano di ulteriori verifiche ed esperienze.
Sullo specchio si riflettono e scorrono i pensieri, le emozioni, le azioni, e ciascuna di queste parla, prevalentemente, del non compreso o di ciò che è in lavorazione, quindi soggetto ad una comprensione limitata.
Quel pensiero che sorge e su cui appoggio l’attenzione, che prendo, in vario grado, sul serio, parla di me e mi sfida ad indagare, ad approfondire, a sperimentare ancora.
Così è per un’emozione ed un’azione.
Maggiore è la mia aderenza a quel pensiero, maggiore è l’identificazione, più mi preme, più profondo il lavoro da fare perché il livello di identificazione parla di quanto quell’aspetto deve essere ancora compreso.
Se mi preme molto e me lo porto per giorni, muove quantità di emozione e condiziona le mie azioni; se mi preme poco e non è persistente, viene e se ne va senza particolare identificazione, significa che non ha molto di particolare, di rilevante, da insegnare; ma può significare anche che non sono pronto per quanto da insegnare ha.
Se non mi preme affatto, allora ciò che sorge nella mente non ha sostanza, è solo la funzionalità ordinaria dell’organismo che reagisce a stimoli di varia natura.
Quando dietro ad un pensiero, ad un’emozione, ad un’azione c’è la pressione della coscienza che ha bisogno di dati, sorge necessariamente l’identificazione, torniamo cioè, a più riprese, sullo stimolo e ci rimane più o meno faticoso separarcene.
Tendiamo a considerare l’identificazione come un prodotto del nostro ego, in realtà direi che è la conseguenza di qualcosa che sorge nella coscienza e che attiva l’attenzione e la piena adesione di tutti i veicoli.
Possiamo disconnettere da una identificazione quando ci siamo chiesti da dove trae origine, che cosa la coscienza sta cercando di comprendere, che cosa e quale dinamica dobbiamo perfezionare o lasciar andare.
Prima facciamo questo, poi disconnettiamo.
Se disconettiamo a priori, finiamo per rimuovere, per rifiutare di vedere quello su cui dobbiamo misurarci.
Grazie, molto utile..rispettare il nostro sentire e i movimenti dell’umano in tutte le sue manifestazioni non porterà che allo svelamento.