Più osservo ciò che accade in me, i processi, gli stati, il mutare incessante, più, quando osservo il mio prossimo e ogni essere attorno, prendo atto dell’insondabile mistero che avvolge tutta la realtà.
Vedo i miei e nostri tentativi di capire, comprendere e spiegare, e vedo il fallimento che ne consegue: troppo vasta è la realtà, non solo la mente non è uno strumento adeguato per indagarla, ma nemmeno il sentire lo è, anch’esso contiene un limite, anch’esso è strumento parziale.
C’è un livello più profondo di indagine della realtà ed è quello che utilizza come organo di senso e di comprensione l’amore.
Non il gesto dell’amare, l’amore come condizione ontologica, come corpo costitutivo dell’essere che attraverso i suoi sensi scandaglia la realtà, la penetra e ne riceve un’impressione, comprendendola.
Ci sono momenti in cui seguo l’andamento bizzarro che assumono certe emozioni, il modo in cui vanno ad investire il vivere quotidiano assordante che mi stravolge e mi fa sentire come se fossi cieca, come se tutto si sovrapponesse confusamente e mi rendesse incapace di sentire e discernere. Dimentica di poter tornare al centro e di poter ascoltare in profondità.
E allora accade che Lui mi viene incontro, Lui che è sempre stato lì. Respiro, mi rallento, mi fermo, lo guardo nel volto, sento le mie espressioni mutare, e sento che uno spazio si fa largo in me e fuori da me…Lo riconosco. E’ Amore. Come il mare che si gonfia e si svuota, io sono mare, sono quel gesto unico di espansione e ritiro, di offerta e silenzio. E mi sento come il mare in amore…