“Dopo una giornata passata a mendicare,
torno alla mia capanna e chiudo la porta.
Brucio nel focolare dei rami ancora verdi;
leggo con calma le poesie di Kanzan.
Il vento dell’ovest porta la pioggia.
Ogni tanto, distendo le gambe e mi riposo.
Perchè affannarsi, perché dubitare?”
Ryokan, monaco dello zen, 1758-1831
Poesie di Ryokan, La vita felice editore
Primo freddo sull’eremo. Sono giorni di solitudine, silenzio e lontananza. Venerdì il vento forte ha rotto la linea telefonica: con gli stivali appesantiti dal fango ho percorso un lungo tratto di linea, ma il guasto non è evidente. Siamo tornati indietro, Enni ed io, infreddoliti e bagnati. Resteremo isolati per giorni: non è un grave danno.
E’ la stessa sensazione di quando rimaniamo isolati per la neve: ci collega al mondo un frammento di capello, come si rompe, c’è solo silenzio. Un silenzio di una vastità non descrivibile, non comunicabile.
La mente è vuota e risuona come quando parli in una botte.
C’è solo spazio, niente altro che spazio.
La luce è immobile, il tempo è immobile.
Un pomeriggio di un giorno d’ottobre: potrei morire ora e sarebbe perfetto.
Nel silenzio di questo spazio senza fine, anche se volessi, non potrei dubitare.
vedere finalmente la perfezione di ciò che accade
..ci sono parole che, nel leggerle, nell’ascoltarle, tolgono le parole ..