Veronica ci manda questa metafora che ci serve da stimolo per precisare qualcosa:
Chi sono io?
Chiese un giorno un giovane a un aziano. Sei quello che pensi, rispose l’anziano, te lo spiego con una piccola storia:
Un giorno, dalle mura di una città, verso il tramonto si videro sulla linea dell’orizzonte due persone che si abbracciavano.
“Sono una papà e una mamma” pensò una bambina innocente.
“Sono due amanti” pensò un uomo dal cuore torbido.
“Sono due amici che si incontrano dopo molti anni” pensò un uomo solo.
“Sono due mercanti che han concluso un buon affare” pensò un uomo avido di denaro
“E’ un padre che abbraccia un figlio di ritorno dalla guera” pensò una donna dall’anima tenera
“E’ una figlia che abbraccia il padre di ritorno da un viaggio” pensò un uomo addolorato per la morte di una figlia”
“Sono due innamorati” pensò una ragazza che sognava l’amore
“Sono due uomini che lottano all’ultimo sangue” pensò un assassino
“Chissà perchè si abracciano” pensò un uomo dal cuore asciutto
“Che bello vedere due persone che si abbracciano” pensò un uomo di “Dio”
Ogni pensiero, concluse l’anziano, rivela a te stesso quello che sei. Esamina i tuoi pensieri: ti possono dire molte più cose su te di qualsiasi maestro.
Quella espressa è un’opinione diffusa ma, dal nostro punto di vista, piuttosto approssimativa.
Ciò che pensiamo svela solo la natura più superficiale del nostro essere: i pensieri, le emozioni e le azioni parlano di ciò su cui il nostro sentire sta lavorando, ciò che non è chiaro, acquisito, consolidato, compreso.
Gli aspetti con i quali l’identità (fisico, emotivo, cognitivo) si misura parlano del non compreso, la struttura stessa dell’identità parla del non compreso: ci misuriamo con pensieri, emozioni ed azioni che raccontano del nostro cammino verso la comprensione ed un sentire più vasto.
Ciò che è stato compreso appartiene al nostra bagaglio interiore, a quella parte di sentire già acquisito e consolidato: su questo non ci misuriamo, questa è la trama sottile che sostiene il nostro cammino sul terreno del non compreso.
Ciò che tutti i giorni ci colpisce e attrae la nostra attenzione è ciò che ci permetterà di divenire persone diverse. I nostri pensieri “peggiori” ci indicano il cammino, ciò su cui siamo invitati a lavorare, ma dobbiamo stare attenti a giudicarci per quei pensieri, o per quelle azioni: non sono noi, ma quello che di noi è ancora incompleto e incompreso.
Quello che siamo veramente, ciò che c’è inscritto nella nostra coscienza, in vita non lo sapremo mai. Ciò che abbiamo già compreso è ciò che ci rimane facile, naturale e proprio perché è facile non ci posiamo lo sguardo; ci colpisce invece il difficile perché ci ricorda che quello non lo sappiamo maneggiare, che, su quel fronte, dobbiamo ancora imparare, esercitarci.
Impareremo con azioni e pensieri caotici, disordinati, incoerenti e allora? Chi è capace di muoversi con destrezza su di un terreno sconosciuto?
Concludendo: alla domanda “chi sono io” semplicemente non c’è risposta, perché noi siamo un grande mistero insondabile. Quello che appare e che chiamiamo “noi” è solo ciò che non abbiamo compreso e su cui ci misuriamo: una volta che quell’aspetto sarà compreso finirà nel grande archivio del mistero che guida e sostiene tutta la nostra ricerca.
Ciò che appare non è ciò che siamo ma ciò su cui stiamo imparando.
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