Non dallo sguardo del lupo, né da quello del bisonte, non da questi sorge la compassione, ma dallo sguardo dell’osservatore neutrale, oltre l’identificazione con il sentire del lupo e del bisonte. La scena contemplata è quel che, senza aggiunta.
Vista con gli occhi del lupo, è possibilità di sopravvivenza;
vista con gli occhi del bisonte è prima sconfitta, poi resa all’ineluttabile;
vista con gli occhi della mente dell’uomo è la legge della natura in atto: comprensione per il gesto del lupo, pietà per la sorte del bisonte;
vista con gli occhi della contemplazione è vita che accade.
Da questa presa d’atto sorge l’esperienza della compassione che integra in sé l’esperienza e il punto di vista del lupo, del bisonte, dell’uomo e li trascende alla luce di una comprensione, di una tenerezza, di una vicinanza che partecipa dell’accadere e da esso si lascia attraversare.
Lo sguardo che posiamo su ciò che accade parla dello stato in cui ci troviamo, del sentiero che stiamo percorrendo. Anche ogni sguardo è ciò che è, e può essere accolto, con la consapevolezza che in ogni nostro respiro qualcosa cambia. Se siamo disposti ad aprirci a noi ed alla vita, in noi avviene trasformazione. Passo dopo passo posso non identificarmi più in quegli occhi che vedevano in un modo o nell’altro ciò di cui ho fatto esperienza. Lentamente il mio sguardo si affina e si fa morbido compassionevole ed un orizzonte molto più ampio si schiude ai miei occhi.