Ancora sull’importanza del ritmo nella via spirituale

Riferimenti: post del 18.2 e relativa discussione sul Forum.
Nella giornata, almeno una pausa dove la consapevolezza venga rivolta all’interiore. Una settimana, una pausa; un mese, una pausa; un anno, una pausa; una vita, una pausa.
Spesso mi viene detto che con il lavoro, la famiglia, gli impegni, non è facile costruire un ritmo quotidiano: è così, non è semplice.
Possiamo, dobbiamo direi, ugualmente provarci. Possiamo fare leva sulla volontà: ci alziamo prima il mattino, ci appartiamo il pomeriggio o la sera.
Mezz’ora, se non possiamo di più, basta mezz’ora.
In uno spazio protetto dagli stimoli, ci concediamo mezz’ora.
Chi ha una pratica meditativa risiederà in essa; chi è di formazione cristiana ha a disposizione la lectio divina; chi non ha alcuna pratica basta che osservi ciò che accade in sé e nell’ambiente, prendendo semplicemente atto, senza nulla aggiungere di giudizio e di aspettativa.
Basta lo stare: attento, consapevole, focalizzato sul presente.
Questa pausa introdurrà un ritmo nelle nostre giornate, diventerà il tempo del ritorno, del risiedere in sé, dello stare senza scopo, nella vita che accade.
Ci allenerà a calarci in quella dimensione della vita che trae origine dal risiedere in sé: dal centro di sé tutto sorge.
Ci renderà sensibili, permeabili, ricettivi.
Allo stesso modo possiamo affidarci alla lettura: basta una pagina al giorno, di un libro che abbia un senso spirituale, per ricondursi all’essenziale.
Lo sanno bene i cristiani, quelli che praticano la liturgia delle ore e/o la lectio divina.
Un haiku, basta un haiku per sprofondare nel sentire.
Ci è così facile perderci ma, se introduciamo un ritmo nella nostra esistenza quotidiana, basterà anche poco per ritrovarci.

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