L’identificazione con il pensiero, l’emozione, il corpo, ci impedisce di vivere centrati sulla nostra essenza: siamo sentire, innanzitutto e prioritariamente, che si manifesta nel tempo e nello spazio come pensiero, emozione, azione.
Siamo questo, anzi, più correttamente bisognerebbe dire che è questo.
Tutta la nostra fatica nasce dal non riconoscere, vivere, esprimere ciò che siamo, la nostra natura, limitata o vasta che sia.
Il nostro male principale è l’identificazione.
Dalla lettura del post di oggi e da alcune riflessioni di questi giorni su quanto l’identificazione con le nostre parti manifeste incida nel nostro essere in relazione è come se emergessero tre parole affiancate: empatia, identificazione, scomparsa. Penso a come un impulso spontaneo, fanciullo, ad andare verso l’altro possa perdere spontaneità e confonderci nel nostro sentire, sbilanciandoci in un gioco di identificazioni intrecciate che si presentano quasi come fossero l’unico modo di confermare la nostra identità. Senso di desiderio da colmare, di vuoto incolmabile, di insicurezza, di bisogno, di tensione, in quell’essere pro-tesi, fanno capolino e al contempo segnalano la strada verso casa: il luogo del sentire, dell’essere, dove si respira in aperto equilibrio, dove regna un distacco che non è mancanza di coinvolgimento, ma possibilità di lasciare che sia l’amore a essere. Penso a quanto possa essere presente, anche nel movimento del prodigarsi, la tendenza ad alimentare negli altri il bisogno di aiuto, in un gioco di dipendenze che non lascia liberi né gli altri né noi e dove nessuno trova aiuto. Sento quanto la libertà dell’essere quel che siamo autenticamente e la leggerezza che vi soggiorna siano lontane da queste esperienze, ma vi affondino continuamente le loro radici; mi incanto di quanto diverso sia sentirsi pervasi dalla tenerezza che in presenza dell’altro, di tutto il vivente, si manifesta e inonda senza un perché… E a tratti scomparire, essere contenitore senza più bordi, espansione, oceano di latte, accoglienza senza nome. Sento quanta preziosa fatica è arrancare nei processi della mente, delle emozioni, del corpo e alla gioia semplice di quando, ripeti e ripeti e ripeti e ripeti, la coscienza fa un respiro ampio e ci si trova con amore dentro di sé e dentro la vita, fuori da dolorose identificazioni. Attimi che compaiono come una punteggiatura nel tessuto dei giorni e si espandono, e ci espandono, accompagnandoci verso di noi e verso tutto, che a quel punto è come fosse lo stesso.