Non tanto a vivere spiragli di libertà, quanto a costruire le fondamenta della libertà.
Che cos’è la libertà? Vivere senza il condizionamento dell’identità, potendo sperimentarla quale semplice espressione della coscienza.
Quali sono le fondamenta? Praticare ad ogni attimo la disconnessione da ciò che la mente e l’emozione recitano.
Di disconnessione in disconnessione fiorisce il non dare importanza alla voce dell’identità;
da questo sorge il non attaccamento, l’impermanenza;
dall’impermanenza la neutralità, o equanimità, che generano la compassione.
Ecco le fondamenta e la costruzione che su di esse viene edificata.
Tutti i giorni.
Sento davvero questa equidistanza da sé e da ogni fatto/persona come condizione perché la tenerezza della compassione sorga. A volte, mi sembra, si ha paura che il “distacco” corrisponda ad una assenza di coinvolgimento. Forse perché l’idea di coinvolgimento che abbiamo è rivolta ad alimentare l’emotività nella quale ci identifichiamo?