L’esercizio della pazienza

Potremmo osservare le stagioni della natura e quelle della vita dell’uomo nell’ottica della pazienza.
Che cos’è la pazienza? Quello stato che sorge dal non essere vittime della spinta dell’identità che costantemente cerca scene nuove.
Come sorge? Allenandosi nella disconnessione da questa spinta.
L’estate e l’inverno, in modo diverso, ci costringono a fare i conti con dei limiti ambientali, con la praticabilità del nostro desiderio di esperienze.
La primavera porta con sé una spinta verso l’esterno; l’autunno verso l’interno.
L’estate e l’inverno sono caratterizzati dallo stare.
L’uomo fino ai quarant’anni è proteso in uno slancio, poi questo si attenua e pian piano svanisce per lasciare il posto, nell’età della maturità, ad un atteggiamento riflessivo, lento, contemplativo.
Tutti questi processi sono illuminati e hanno bisogno della pazienza: nell’espandersi come nel lasciar andare, la pazienza è quella disposizione interiore che ci permette di relativizzare ogni passo del processo e di stare solo su quello: relativo da un lato, unica presenza dall’altro.
Per coltivare la pazienza si è costretti in continuazione a lasciar andare, a superare l’identificazione con la mente e i suoi bisogni, a piegarsi a ciò che accade.
Domenica avremo l’ultimo gruppo della stagione: per tante ore, con il caldo, per lo più immobili: grande, formidabile sfida.
Mille e mille volte lasciar andare la sensazione di caldo, l’impazienza che affiora, l’aria pesante, l’insofferenza che naturalmente ci invade.
Allenamento perfetto.

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