Ho imparato a fidarmi nel tempo, è stata una necessità: se volevo appoggiare il passo dovevo confidare che il terreno mi avrebbe sostenuto.
Era così difficile il presente che c’era poco da perdere nel darsi una possibilità.
Ogni affidamento ne ha generato un’altro e pian piano il seme della fiducia ha cominciato a radicare.
Ho scoperto che la fiducia appoggia sulla paura. Il primo movimento non è la fiducia, è la paura.
Se questa non viene coltivata, se non c’è identificazione, la fiducia subito sorge.
E’ un processo: all’avvio si mostra l’umano e, nel lasciarlo, si apre la possibilità al non condizionato: l’umano ne è la porta.
La paura è la porta della fiducia.
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