Come per i miei figli

Un pomeriggio tiepido d’autunno.
Uno come tanti altri.
Un ufficio pubblico come tanti altri.
Burocrazia, come tanta altra.
Minuti di fila in attesa, come tanta altra.

Eppure qualcosa di diverso accade.
Un uomo sulla settantina arriva,
mi sorride,
vedo dolcezza e gentilezza nel suo sguardo.
Porta sottobraccio con sé
una copia della rivista “Famigli Cristiana”.

Inizia a raccontarmi per filo e per segno le motivazioni che lo hanno spinto lì.
Doveva chiudere, almeno temporaneamente il contratto di fornitura dell’acqua, dopo che il precedente inquilino di una delle sue case in affitto se ne era andato senza pagare.

No, non era fuggito, tutt’altro.
Era un autista, come tanti altri, che d’improvviso ha perso il lavoro.
Ed è rimasto senza reddito, con la moglie e due figli, due e tre anni rispettivamente.

Erano tutti italiani, a ogni effetto.
Anche se la loro pelle era un po’ più abbronzata di quella degli occidentali.
Per dieci mesi questo anziano signore aveva temporeggiato
e atteso che la situazione lavorativa ed economica si sbloccasse,
ospitandolo gratuitamente in quella casa di cui fino a poco prima aveva pagato regolarmente la pigione.

Gli occhi gli brillavano, mentre raccontava tutto ciò.
Il dramma, il dispiacere, la profonda lacerazione interiore.
I suoi inquilini se ne erano andati via da poco, per ritornare in Marocco.

Mi è venuta improvvisamente agli occhi la scena
di quando eravamo noi italiani ad emigrare con la valigia di cartone.
Alcuni ce la facevano, s’inserivano nel nuovo contesto, avevano successo.
Altri no.
E dovevano fare marcia indietro, almeno nella migliore delle ipotesi.

Credo di essere riuscita ad abbracciare l’anima di quel mio interlocutore.
Gli ho detto, sottolineando l’ovvio, che era stato molto generoso.
Mi ha risposto che ha fatto quel che avrebbe fatto per uno dei suoi due figli, entrambi ben sistemati,
casomai ce ne fosse stato bisogno.

E quel che avrebbero fatto loro, in caso di sua necessità.

 

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2 commenti su “Come per i miei figli”

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