Una comunicazione di Soggetto, via della Conoscenza (9)
Parto da una premessa per fare qualche affermazione ai vostri occhi piuttosto discutibile.
Se mai l’uomo arriva al punto in cui tutto accade, ciò non significa che egli se ne infischi di ciò che avviene attorno a lui e quindi non significa che se ne infischi delle sofferenze altrui, o dell’uomo che gli tende la mano; significa soltanto che il suo modo di guardare a tutto ciò diventa senza attaccamento.
Se diventa senza attaccamento, egli non coglie la sofferenza ma coglie la domanda, non coglie la virtù ma coglie la disponibilità e l’uno e l’altra non portano segni: sono, semplicemente sono.
E poiché sono, suscitano in lui un’unica risposta che è racchiudibile soltanto in questo suo pensiero: io porgo ciò che sono e non giudico e non dico e non suggerisco se non ciò che sono.
E ciò che sono è soltanto questo: non c’è né bene né male, ma tutto mi offre la possibilità per superare il concetto di bene e di male, e per posizionarmi lì, dove non c’è più distinzione fra ciò che si prova come corpo, come sentimento e come mente perché ciò che mi governa è soltanto una parola: non attaccamento.
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mi sembra che ci sia una relazione tra il ciò che è e il vivere una scena.
mano a mano che le vivo c’è di pari passo un allentamento di quella connotazione particolarmente colorata che ha quel certo evento.
più vivo e più quella coloritura perde significato e diventa ciò che è.
in qualche modo la vita perde quella sfumatura di sfida e si presenta con quella neutralità che predispone ad accogliere.
la persona che mi viene incontro è vita che accade, non è più lo stronzo che porta la sua immondizia e la scarica lungo il fiume e non ce lo becco mai.
qui è dove soggetto, in un picco, ha colto la mia attenzione: “La non mente non distingue, poiché nella non mente quelle azioni non appartengno a quell’individuo ma al ciò che è. E, se appartengono a ciò che è, non conta ciò che quell’individuo vive in quel momento come proprio; certamente per lui conta, ma non per l’uomo che è andato al di là della mente.”
ecco vedo un sentiero stretto stretto, pieno di rovi ma riconoscibile, di ciò che è non-mente.
e nello stesso tempo, e qui assumo tutta la manifestazione, metto la catena alla strada lungo il fiume in modo si possa andare solo a piedi!
Vorrei evidenziare un altro passo, per chi non avesse tempo di leggere tutto il messaggio:
“Ciò che c’è è ciò che esiste nella sua totale compiutezza; magari non si coglie la compiutezza fino in fondo, ma la non-mente si china al mistero e sa che c’è la compiutezza. Però non si china al mistero perché incapace di indagare; no, si china al mistero perché non vuole più indagare dato che tutto è.
Infatti – secondo la vostra immagine – è la mente che indaga, seppure spinta dalla Coscienza, un’immagine che serve per un tratto di strada ma che ad un certo punto vi limita, vi limita e vi limita.
Ma ben sappiamo che accettare questo significa anche accettare di non-essere: di non-essere proprio nulla, neppure il vostro agglomerato di pensieri, di sentimenti, di emozioni e di azioni. Neppure questo siete; non siete e pur tuttavia qualcuno di voi avanza ancora dei dubbi perché questo approccio porta alla conclusione che l’amore presenta una sola faccia: l’indissolubilità dell’amore, cioè l’impossibilità di separarsi dall’amore e quindi di distinguere.”