Vorrei approfondire la riflessione sulla normalità avviata dalla domanda di Elena a commento del post su Krishnamurti.
La nostra cultura, la mente, vedono la persona e il modello, l’archetipo esteriore, di appartenenza: così appare, così alla mente sembra che sia.
Da un altro punto di vista ciò che appare non è che la rappresentazione di un sentire, di un’intenzione, di un ambito interiore che noi chiamiamo coscienza e che è il centro che genera la realtà che ciascuno vive, che diviene vita rappresentata e percepita.
La coscienza genera le scene necessarie ai suoi processi di comprensione, apprendimento, verifica.
La comprensione abbraccia lo spettro che va da ego ad amore, ogni coscienza transita tra questi due estremi.
Vivere è il gesto della coscienza che conduce a rappresentazione il compreso e, soprattutto, ciò che ancora compreso non è.
Ogni giorno la coscienza nei piccoli fatti del quotidiano si misura con ciò che non è ancora suo bagaglio, suo capitale, sua comprensione acquisita: se quella data motivazione, bisogno, intenzione fosse chiara ed acquisita non si presenterebbe come sfida, difficoltà, dolore.
Se, su un determinato aspetto, la comprensione è conseguita quel fatto, atteggiamento, processo fluisce senza intoppi: se c’è difficoltà significa che l’officina è aperta e l’operaio sta imparando.
Tutti imparano, ogni vita è un’officina, la tuta di tutti è sporca di grasso.
Qualunque sia la mia difficoltà, quella è la mia vita: su quel cadere e faticare avviene il tirocinio del sentire, della coscienza.
Che sia una difficoltà nel lavoro, nella famiglia; un handicap, una difficoltà di apprendimento; una malattia, una calamità naturale tutto è apprendimento, tutto plasma e trasforma il sentire.
Ciò che ci rende uguali non è l’aderenza ad un modello, è il fatto che tutti impariamo.
La realtà, se non viene guardata con gli occhi della mente, testimonia che la cosiddetta diversità non esiste essendo ciascuno soltanto quel che è, coscienza che accade.
tutti impariamo, tutti sulla stessa barca, tutti con la tuta sporca…ma la diversità esiste per il fatto stesso che si guarda a qualcuno come esempio di sentire ampio. Convive la separazione e l’unione…tutto in uno.