Avremmo poche, elementari, esigenze

La prima: non vergognarci
Ci sono aspetti della realtà che poco si presentano ad interpretazioni. Il capo dello stato male rammenta la stagione del ’76, o forse la rammenta anche bene ma non riesce a vedere le differenze indiscutibili tra l’allora e l’oggi.
Allora nel dialogo erano coinvolti Enrico Berlinguer ed Aldo Moro ed entrambi avvertivano l’esigenza di superare le logiche della guerra fredda e riformare il paese in profondità.
Nel ’78 Aldo Moro pagherà per questo con la vita; un sistema di potere molto vasto utilizzò le Brigate Rosse per i suoi fini, per abortire la possibilità di trasformazione del paese.
Dopo venne il CAF (Craxi, Andreotti, Forlani) e dopo ancora l’unto del signore: inutile dire dell’enorme successo di chi aveva disposto i piani..
Non è dietrologia, sono i fatti di un paese immobile da decenni paralizzato da mille pressioni, logiche parziali e interessi non confessabili e da una distorsione di fondo: l’idea che per riformare il paese ci si debba mettere tutti assieme, qualunque sia la visione della società cui si aderisce, qualunque siano gli interessi che si rappresentano, qualunque siano le personalità che guidano o indirizzano o condizionano le varie forze. Una cosa è discutere con Aldo Moro, un’altra con Berlusconi e con gli umori che aggrega.
Le larghe intese, i governi di unità nazionale, sono modi diversi per dire che non si riesce a mettere mano allo zoccolo duro, alla parte in ombra del paese che è innanzitutto una visione, una cultura, un sentire, prima di essere fatti economici o relazioni politiche. Non riuscendo una parte politica in quest’opera titanica, si pensa che insieme si possa.
Storicamente ci sono stati solo fallimenti, l’ultimo il governo Monti. Non solo: ogni volta che la logica delle larghe intese è divenuta prevalente il paese più marginale ed esasperato, quello che subisce tutte le crisi, si sente non rappresentato e monta l’onda distruttiva della protesta indifferenziata, incarognita, incapace di distinguere le responsabilità.
Quando chi dovrebbe rappresentarci si mette in combutta con chi viene ritenuto il responsabile del male, chi quel male lo subisce si sente orfano e da quella solitudine possono nascere molti mostri.
Grillo ha ragione quando dice che M5s ha canalizzato la disperazione  e la protesta di tanti italiani che altrimenti sarebbe divenuta altro.
Per non vergognarci di noi avremmo bisogno di una cosa molto semplice, che sapessimo mostrare un po’ di coraggio, di inventiva, di capacità di osare.
Il non osare ci umilia, ci rende vili, enfatizza i caratteri più deleteri della nostra indole italiana.
Lo dicevo in un’altro post qualche giorno fa, si può fare un governo e mandarlo alle camere rivolgendosi non ai partiti ma alle coscienze dei singoli.
Si può fare la più grande di tutte le riforme, distruggere il controllo che i partiti esercitano sulle coscienze degli eletti riconsegnandoli alla loro condizione di rappresentanti del popolo e non di sudditi di un apparato di potere.
Questo libererebbe energie creative enormi.

Secondo: appoggiare lo sguardo sul paese
Il paese è vivo ed ha bisogno solo che gli si creda e che lo si incoraggi.
Gli industriali, gli operai, i commercianti, gli artigiani, i liberi professionisti, gli intellettuali, gli impiegati, i contadini sono pronti, basta che si creda in loro e li si metta in condizione di operare, si rimuovano gli ostacoli, gli eccessi e gli si indichi la via.

Terzo: bisogna avere una direzione di marcia
Dove andare se non verso un modello di società cooperativistico, collaborativo e non competitivo, rispettoso degli equilibri ambientali e dei limiti delle risorse?
Non abbiamo ancora chiaro che il liberismo ci ha devastati? E ha devastato il pianeta? Non basta?
A noi sembra che il paese abbia bisogno di idealità, di coraggio, di osare il nuovo in tutte le direzioni, di credere in se stesso.
Se Napolitano non avesse coltivato questa idea delle larghe intese avremmo già un governo operante, pungolato, tenuto sulla corda dal M5s e che sui fatti sarebbe andato alle camere a prendere la fiducia, a discutere, a condurre a sintesi, a recepire, ad eseguire i deliberati del parlamento.
Nella precarietà, nell’incertezza, nella spinta che viene dall’entusiasmo dei nuovi eletti in parlamento, sarebbe sorta una grande ventata creativa e fattiva.
La mancanza di coraggio è il nostro problema.

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1 commento su “Avremmo poche, elementari, esigenze”

  1. Grazie Roberto… mi è chiaro che con l'”unto de signore” non siano possibili larghe intese…per lo meno costruttive, e non mi è possibile capire come poteva esserci un governo al senato con i numeri che avevamo e un Grillo refrattario a qualsiasi dialogo. Una cosa però mi è chiara, che sto assistendo ad uno spreco doloroso di energie nuove, vitali e tese alla trasparenza che potevano portare davvero un cambiamento alla radice. E’ un peccato. E’ penoso per me avere la sensazione che c’è stata l’occasione di salire sun un gran treno e che lo abbiamo perso, mettendo pure la dinamite sulla ferrovia.

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