Una comunicazione di Soggetto, via della Conoscenza (17)
Parlare del dolore non è nei nostri intenti, ed io oggi ve ne parlerò in una maniera che voi non v’aspettate e non vi soddisferò nelle vostre esigenze di consolazione, cioè non vi soddisferò nelle vostre esigenze di trovare in noi un commento al vostro dolore che possa alleviarlo; quello lo potete trovare ovunque.
In noi troverete parole che scardinano il dolore, che lo affrontano così come esso è alla sua radice, perché nel dolore l’uomo non vive, nel dolore l’uomo non muore, nel dolore c’è soltanto l’emblema di ciò che voi non avete compreso. E non blaterate immediatamente con la vostra mente, infatti non sto dicendo che, quando c’è il dolore, lì c’è una colpa o che, quando c’è una sofferenza, lì c’è una responsabilità.
Lungi da noi questo discorso che troppe volte viene portato in campo come spiegazione del sopraggiungere del dolore. E’ ben più complessa la situazione, ma non ve ne parlerò, per non entrare in luoghi troppo, troppo superficiali.
Ciò che è essenziale nell’esperienza del dolore è che il dolore è ciò che voi non avete compreso, e non perché avete una colpa e non perché vi siete fatti carico di qualcosa che in passato ha provocato dolore, ma semplicemente perché il dolore porta in nuce la comprensione e porta in nuce la possibilità dell’ottundimento.
Come ogni realtà, come ogni fatto e come ogni avvenimento, il dolore vi offre la possibilità di comprendere ciò che non avete compreso o di piantarvi dentro il dolore stesso, morendo dentro il dolore. Non è facile parlare in questo modo del dolore a chi soffre, ma io questa sera oso.
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