Ieri la Comunità del Sentiero ha sperimentato per la prima volta il Vespro del sabato.
Al tramonto, alcuni membri della comunità sparsi in varie località del paese, hanno letto due testi comuni e poi hanno condiviso brevi considerazioni sul Forum del Sentiero.
E’ una pratica molto semplice ma questo non deve ingannare perché, come sempre, è l’intenzione che rende una pratica autentica oppure semplice e banale forma.
Nell’intimità del proprio essere la persona si raccoglie e legge due o più testi, li recita, se vuole li canta; quei testi parlano dell’eterno cammino dell’uomo incontro a se stesso, quel cammino comune a tutti gli uomini consapevoli o inconsapevoli che siano.
Quella persona sceglie di approssimarsi a quel gesto, a quella lettura, tutti i sabati al tramonto e sa che sparsi per il paese altri, nello stesso tempo, compiono lo stesso gesto e hanno la stessa intenzione.
Quella persona colloca nel tramonto del sabato una priorità per sé e per la propria vita: potrebbe fare altro e invece a quello si dedica, sull’interiore si piega.
Lo fa tutti i sabati e questo struttura un ritmo: il tramonto del sabato, qualsiasi cosa accada nella sua vita, a quell’appuntamento cercherà di non mancare e vi porterà la lucida consapevolezza di ciò che compie e la nitidezza dell’intenzione che la muove.
Il gesto compiuto, il contenuto della lettura, la consapevolezza che altri sono coinvolti nello stesso gesto nello stesso momento, riconduce la persona all’essenza di se e delle cose.
Un silenzio e uno spazio si affermano e da questi sorge l’esperienza dello stare e del risiedere nell’essenziale e la chiara e inequivocabile coscienza che quell’essenziale è comune, che tutti coloro che partecipano lo sperimentano e che quella è la natura di ogni essere che vive.
Ogni sabato al tramonto quella persona incontra sé, l’altro e la vita e questo gesto, dentro questo ritmo, pian piano contribuisce a plasmarla in tutti gli aspetti del suo essere.
Col tempo verrà la routine che tutto banalizza, che svuota di contenuto anche i gesti più pregnanti: allora il gesto del piegarsi a quella pratica diverrà mille volte più rilevante.
la scelta di tornare e tornare, anche quando la routine tutto rende banale.
è qui che il lavoro prende corpo anche se la mia mente recita il già visto, il già conosciuto nelle sue mille sfaccettature, sempre nuove, per renderle più credibili.
è qui che il lavoro entra nei muscoli poi nelle ossa e poi nel midollo diventando sangue che nutre tutte le cellule.
non è diverso da quel lavoro che proprio rompe, dall’ennessima necessità di dover dire, di nuovo, cose già dette chiaramente.
grazie per questa riflessione dell’appuntamento del vespro del sabato al tramonto.