Determinismo e libero arbitrio

Brani dal libro L’essenziale (4) pag. 23
A noi come identità sembra di avere una presa sulla nostra vita e anche una possibilità di scelta: certo possiamo scegliere come attuare una certa intenzione, ma non se attuarla.
Posso andare in un certo posto in auto, in treno, a piedi, in bicicletta: questa è una scelta dell’identità e a seconda di quello che sceglie il cammino sarà agevole o faticoso.
Non posso scegliere dove andare, questo è un dato che non è sotto il controllo dell’identità ma è determinato dalla coscienza.
Non ho quindi la responsabilità di dove vado ma del come ci vado e dell’eventuale tasso di dolore/fatica.

È evidente che non è possibile scindere il regista dall’attore essendo i due una unità inscindibile: il  sentirci portatori di un nome alimenta questa separazione ed è all’origine di molto del nostro arrancare. Se avessimo la comprensione di essere coscienza affronteremmo le scene delle vita con più partecipazione e più leggerezza in quanto consapevoli che quelle scene sono ciò che è necessario ai processi interiori del sentire.

Siamo condizionati nel presente dal sentire acquisito ma, soprattutto, dal sentire che non abbiamo ancora indagato, né acquisito.
Vivere è affrontare il non compreso, la coscienza si misura su quanto non le appartiene come sentire: il compreso è la piattaforma su cui danza il nuovo non ancora integrato.
Credo che guardando in questi termini la realtà dell’uomo non si possa parlare né di determinismo, né di libero arbitrio ma di una condizione dove ciascuna cosa accade finalizzata ad un ampliamento del sentire.
Al centro c’è il sentire, non l’identità: in quest’ottica interpretativa si sciolgono molti dubbi esistenziali.

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