Aver cura di sé: il valore insostituibile del fermarsi

Quando si è impegnati in attività che coinvolgono il nostro prossimo a volte è difficile fermarsi, dire no, creare uno spazio o una pausa.
Le ragioni di questa difficoltà sono tante, non è possibile generalizzare e non è quello di cui voglio parlare qui.
Penso in particolare ai tanti che si occupano di attività sociali o politiche, o a coloro che sono impegnati nelle relazioni di aiuto.
Queste persone hanno, molto spesso, una forte spinta interiore, un impulso creativo che si dispiega nella loro attività sociale: ciò che nel loro interiore è stato compreso diviene forza plasmatrice nelle relazioni.
Spesso, se queste persone non hanno relazione, non riescono a veicolare quelle forze: solo nella relazione sentono di esistere, forse perché solo in presenza dell’altro sentono di avere una dimensione individuale, di esistere come individui.
Con questa disposizione interiore le possibilità di eccedere non mancano: la persona è sempre proiettata in avanti e, avendo difficoltà ad accorgersi di questo sbilanciamento, o non sapendo bene come gestirlo, non riesce a fermarsi.
In genere la qualità delle relazioni che crea patisce dell’eccesso di presenza e comunque, nel tempo, la persona è soggetta al logoramento.
Qualunque sia la ragione che spinge al fare, l’imperativo di fondo da cui non si può prescindere è che bisogna essere capaci di introdurre delle pause.
L’attività senza pause è come il giorno senza notte, l’inspiro senza espiro.
Essere capaci di fermarsi è essere capaci di ammettere che non si è indispensabili.
Perdonate, ma non si può agire socialmente o politicamente e pensare di essere indispensabili, o comportarsi come se lo si fosse: quella pretesa smaschera il canto della nostra egoità e condiziona tutto l’operare con il proprio limite.
Bisogna essere capaci di fermarsi, di creare delle pause e di osservare sé e la propria spinta a partire da quello spazio privo di moto.
Nel momento in cui la spinta interiore viene vista, osservata, analizzata e lasciata andare, lo slancio stesso che da essa è generato cambia, assume un altro respiro.
Non essere capaci di fermarsi significa finire, prima o poi, contro il muro, l’unico modo che ha la vita di indurci ad un altro sguardo e ad un altro atteggiamento.

Immagine da: http://goo.gl/Qc67PP


 

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roberta g

“Essere capaci di fermarsi è essere capaci di ammettere che non si è indispensabili.”
Sì, anche per la mia esperienza questa pretesa nasconde il canto del nostra egoità, il ns bisogno di dare un forte senso alla nostra vita, al nostro agire, il bisogno di essere un “eroe” unico ed insostituibile. Per evitare di finire di convincersi di ciò, credo le le pause siamo utili, per sperimentare il non fare, per accorgersi che (quasi sempre) possiamo fare un passo indietro ed osservare.

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