Che bisogno aveva la Comunità monastica di Bose di promuovere, per il settantesimo compleanno del suo fondatore, Enzo Bianchi, un volume di 760 pagine contenente gli omaggi di 130 autori?
Non lo so. Che bisogno hanno di mostrare nel loro sito le immagini di tutti gli ospiti illustri che visitano la loro comunità?
La leggera brezza del narcisismo attraversa Bose? Non lo so e, in fondo, non mi riguarda.
Potrei allargare lo sguardo sulle magnificenze delle liturgie cattoliche così narranti sé, non certo il divino, o il rapporto con esso.
Ma anche questo, in fondo, non mi interessa.
Allora perché ne parlo? Per evidenziare il valore della discrezione, della riservatezza, del nascondimento anche.
Per interrogarmi sul quando e sul dove, forse, anche noi indugiamo nel mostrare, piuttosto che nell’essere.
Fare un passo indietro, tacere, osservare, ascoltare, servire nel silenzio di sé, pregare nella discrezione protetti dallo sguardo di chi ad altro è intento, meditare nella propria stanza quando ancora gli altri dormono.
Il rapporto con l’Assoluto è rapporto feriale e intimo, sia per la persona che per la comunità, ed ha bisogno di un sguardo interiore non preoccupato del mondano, dell’effimero, di tutto ciò che è vanità delle menti.
Immagine da http://goo.gl/VsVi5X
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A me sembra che l’ostentazione di qualcosa sia il rimedio inutile di coloro che non hanno trovato ancora se stessi. Le persone autentiche…quelle che leggono dentro il proprio sè e lo alimentano coerentemente… non hanno bisogno di essere personalità istrioniche. Credo che ciascuno di noi ogni volta che crea la sua identità con l’intento di specchiarsi negli occhi contemplativi degli altri irrimediabilmente deve mostrarsi…
Hai presente quel pensiro :prima di parlare domandati se …….ec ec dovrebbe essere il punto di partenza per ogni nostra riflessione, ancora di piu’ se ci rivolgiamo nello specifico delle person, i nostri tempi di maturazione sono differenti rispetto ai fatti che accadono e forse e’ meglio cosi in maniera di avere il tempo di ponderarli, vederli sotto differenti angolazioni dovute al tempo e modificando il nostro pensiero di coseguenza
L’intenzione era quella di mostrare come il tarlo del narcisismo si insinua nel cammino interiore senza che noi, a volte, se ne divenga consapevoli ed essendo mossi dalla più perfetta buona fede.
Questo può accadere ad altri e può accadere a noi: parlarne aiuta a vederlo, ad interrogarsi, a svelarsi.
Tu evidenzi una possibile lettura del nostro articolo, difficile per me da immaginare ma, evidentemente, possibile.
Nella ferialità del quotidiano, cerchiamo di leggere i simboli della realtà, aldilà delle parole: a volte le parole dicono qualcosa che è contraddetto da ciò che sorge nell’ordinario.
A volte le parole e la pratica sono ineccepibili; poi un particolare si erge come simbolo di qualcosa di non compreso e si mostra al nostro sguardo affinché lo si possa affrontare.
Non dobbiamo parlarne? Ciascuno guarda se stesso e basta? E come facciamo ad imparare dall’altro?
PS: Bruno, il nostro cammino, la nostra comunità sono cosi irrilevanti che non so come potremmo pensare di essere migliori di qualcuno. Osserviamo, cerchiamo di imparare anche dalle esperienze altrui e, naturalmente, anche ragliando.
L’avete menzionato sotto: serviva questo raglio? Quasi a sottolineare che siete piu’ bravi di quelli di bose…..per me avete toppato…….ma continuate pure ogniscritto puo’ insegnare qualcosa