Ci sono persone per le quali il tempo è un tiranno. Ce ne sono altre che ne hanno maggiore disponibilità ed è a queste che mi rivolgo.
Darsi tempo significa concedersi degli spazi vuoti, privi di finalità e di scopo: spazi di semplice stare.
Significa andare lenti, certamente, ma non solo: non desiderare nessun altrove, risiedere consapevolmente nel piccolo insignificante che sta accadendo.
Fermare, non alimentare la ricerca continua della mente di un punto d’appoggio, di una gratificazione, di un senso.
Fermarsi e stare, senza scadenza, senza orizzonte. Attivarsi di nuovo quando si avverte che quello stare è esaurito.
Questo, tutte le volte che è possibile.
Il tempo siamo abituati a riempirlo, non a svuotarlo ed è questo che dobbiamo imparare.
Tutti abbiamo la possibilità di vuotare il tempo, magari mentre siamo in metropolitana e torniamo dal lavoro risiedendo semplicemente nello stare seduti.
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Di solito leggo ciò che scrivi sul tuo blog…e questa volta ciò che hai scritto riguardo al tempo, o, meglio, riguardo il fermarsi in “ciò che c’è” mi ha interessato molto.
“Fermare, non alimentare la ricerca continua della mente di un punto d’appoggio, di una gratificazione, di un senso.”
Essere presente nel presente, dunque.
Sento molto questa “possibilità”, proprio perché sono una specialista del contrario, sono affamata di senso, di stimoli, di “pieno” …
Ma, quando mi fermo e mi apro al silenzio, all’immobilità e al “poco”….allora sento pace…e utilizzo questa “tecnica” anche quando la mia mente è più vorticosa del solito e il mio umore cambia seguendo l’alternarsi dei pensieri…
Quindi, prendo ciò che hai scritto come un suggerimento per un allenamento verso la pace e verso la dimensione del presente, così preziosa.
Bellissima riflessione!