Chiede Caterina: “Se possiamo imparare da ogni cosa, perché discriminare gli eventi o scegliere una cosa piuttosto che un altra?
Potrebbe essere che cambiare, per esempio, situazione di vita – sapendo che il non risolto si riproporrà sotto altre vesti – sia solo il bisogno di cambiare l’angolo di visuale quello che ci fa vedere un pochino meglio? Sennò a che serve la spinta al cambiamento?”
Fino a quando una comprensione non è conseguita continuiamo a sperimentare, la coscienza chiede dati e genera esperienze, l’identità è mossa dal desiderio e dal bisogno.
La spinta della coscienza e dell’identità, in vario grado e in modi differenti, generano situazioni di instabilità che producono una ricerca negli affetti, nel lavoro, nel cammino interiore, nella vita in generale.
La mente/identità per sua natura cerca eccitazione e appagamento, la coscienza ricerca livelli di comprensione sempre più profondi: il risultato è il nostro procedere tra stabilità e instabilità; appagamento e cambiamento; quiete e irrequietezza; senso e non senso.
La realtà è immobile solo nell’eterno presente, nell’essere; nel divenire tutto scorre e ogni scena ne prepara un’altra, ogni dolore e ogni fatica preparano un conseguimento ed una pace ben presto destinati ad essere superati da un nuovo processo.
La spinta al cambiamento è di duplice origine: la coscienza cerca dati, l’identità senso e appagamento, questo accade per tutti gli esseri nelle forme e nei modi a loro possibili fino a quando sono immersi nel divenire.
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