Mille stagioni dell’umano legate al divenire, al fare, all’esserci. Altrettante stagioni in cui si insinua il tarlo del superamento del divenire, l’affacciarsi progressivo dell’esperienza dell’essere.
Quando la realtà non è più colta nel suo divenire, cosa diviene?
Quello che è, adesso. Non quello che è stato, né quello che sarà.
Senza via di scampo la realtà è quel piccolo accadere senza aggiunte, senza coloriture.
Solo fatti che accadono.
Molto protesta una mente davanti a questo che considera un impoverimento del reale: lei è colei che aggiunge, che ad ogni fatto reale somma la sua lettura, un altro fatto non reale, pura interpretazione, immaginazione, proiezione.
Solo fatti significa niente mente.
La realtà fuori dal divenire è realtà di fatti che accadono e che non hanno né un prima, né un dopo, accadono nel senza tempo: assenza di mente, assenza di tempo.
Ogni fatto che accade è puro sentire vestito di intelletto, emozione, azione che non genera altri fatti ad essa conseguenti.
Ogni fatto che accade è per sempre, inizia e finisce, fotogramma a sé stante che non travasa nel fotogramma successivo.
Pura negazione di tutto l’umano che, quando è matura la sua stagione, conosce la fine di sé.
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Esattamente quanto descritto così bene, è quello che sto vivendo da qualche tempo. La mente sembra creare meno aspettative etc. Ed è qualcosa di nuovo e sconcertante…