L’accidia, il lutto della mente

L’accidia è quel senso di noia, di fastidio, di disgusto della vita, di torpore spirituale e di scoraggiamento che colpisce al cuore la vita del monaco: tutto ciò che egli è, fa o crede perde improvvisamente significato, tutto diventa ai suoi occhi inutile e vano […] Da Il cammino del monaco, pag 769, Ed. Quiqajon, Bose.

Fino a quando l’identificazione con la vita, il proprio esserci e spendersi, le proprie mansioni, funzioni, ruoli è sostenuta, il pericolo dell’accidia non si presenta.
Quando la pratica meditativa e contemplativa, i processi di disconnessione e di disidentificazione si fanno più profondi; quando le comprensioni conseguite rendono evidente l’effimero accadere degli attaccamenti, dei bisogni, dei giudizi allora bussa prepotente il lutto della mente che storicamente è stato definito con i termini acedia, accidia.

800px-Dürer_Melancholia_IDürer, Melencholia (1514)

Il lutto della mente: priva di trastulli non estrae più sostanza eccitatoria dal vivere.
Il vivere, per lei, è sempre stato costituito da aspettativa, giudizio ed identificazione; il vivere era l’idea del vivere, il pensiero sul vivere, la rappresentazione del vivere.
C’è una dimensione comune, corrente del vivere che ha al centro un soggetto narrante che mai perde la propria centralità e mai cessa di narrasi attraverso le relazioni e i molti aspetti del vivere: fino a quando la consapevolezza è incentrata sul soggetto narrante che genera la scena e la fruisce a proprio uso e consumo, l’accidia non compare.
Quando la consapevolezza si amplia e tende ad inglobare gli aspetti sensoriali, emozionali, cognitivi, coscenziali il nucleo narrante, il soggetto, perde la propria centralità; il vecchio ordine, la lettura convenzionale di sé e del vivere entrano in crisi e  producono l’esperienza dell’accidia.
Più la realtà è colta come fatto che accade, più quell’accadere è neutrale, non soggetto ad aspettativa, giudizio, identificazione.
Sullo sfondo di un sentire che si amplia e pervade ogni livello della consapevolezza, si staglia il lutto della mente che perde i propri trastulli e, disorientata, leva il suo lamento.
Come affrontare l’accidia:
– sapere che è un passaggio fisiologico, ciclico, ricorrente finché c’è una traccia anche minima di mente e di identificazione con i suoi processi;
– trattare l’accidia come si tratta ogni altro stato: lasciare che venga, lasciare che vada;
– riposizionarsi senza fine in quel punto zero in cui esistono solo fatti e non indulgere nel lamento della mente che piange la loro nudità;
– focalizzare la consapevolezza sulle sensazioni, sulla sfilata dei fatti che scorrono;
– non indagare la richiesta di senso che la mente avanza, è una pura trappola che alimenta lo stato di disorientamento;
– coltivare la fiducia di fondo che ben salda risiede oltre la coltre illusoria costruita dal lutto della mente.


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Gabriella Caria

Roberto che bello leggerti di nuovo, mi sei mancato un abbraccio

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