Depressione e passaggi esistenziali

Dice Marco in riferimento al post di ieri sull’accidia: Non avevo mai pensato all’accidia come lutto della mente. Da sempre vivo momenti di svuotamento di senso ma faccio fatica a metterli in relazione con i processi di disidentificazione profondi di cui parli, dato che erano presenti prima che conoscessi la disconnessione e la disidentifcazione. Parliamo forse di due cose diverse?
La perdita di senso, il venire meno dell’interesse a vivere, l’appassire di quella forza propulsiva che sorge dall’identificazione con i processi ed il quotidiano, tutta quella fenomenologia che comunemente è definita condizione depressiva, o semplicemente depressione, di cosa parlano?
Gli stati della psiche e del corpo sono l’ultima manifestazione di un conflitto più interno che non trova soluzione; in gioco c’è, normalmente, il rapporto con noi stessi, con gli altri, con il lavoro: lì dovrebbe succedere qualcosa, dovrebbe cambiare un atteggiamento, un orientamento, una disposizione, una intenzione e invece non cambia.
Da quel non cambiare, non assecondare una possibilità nuova che bussa, nasce il sintomo della depressione che in sé è solo un’etichetta se non viene connotato esistenzialmente.
La necessità di un cambiamento di atteggiamento e di visione ha sempre, all’origine, un cambio di sentire, una qualche comprensione che ha preso forma e chiede di divenire vita su tutti i piani.
Quella comprensione chiede che qualcosa sia lasciato andare e qualcos’altro possa entrare nel nostro orizzonte esistenziale e quotidiano.
C’è una disconnessione cosciente e consapevole e ce n’è un’altra inconscia e inconsapevole, ma cos’è la disconnessione se non la capacità di lasciar andare l’oggetto dell’attaccamento e dell’identificazione misurandoci con il nuovo e permettendogli di attraversare la nostra consapevolezza?
L’umano quasi mai ha una visione unitaria di sé: quando l’acquisisce diviene evidente che ogni manifestazione è simbolica e ha una origine complessa articolata sui vari piani che costituiscono la rappresentazione che chiamiamo vita. Cosa significa?
Significa che, ad esempio, qualunque perdita di senso trae origine da una spinta della coscienza che chiede un cambiamento e un abbandono di una modalità vecchia ed usurata, che si trova a fare i conti con una resistenza dell’identità che non vede la possibilità e rimane attaccata alla modalità corrente, all’immagine, alla routine conosciute, senza essere capace di disconnetterle e di aprirsi al nuovo.
Sempre all’origine del cambiare c’è un ampliarsi del sentire; sempre c’è una necessità di disconnettere l’usurato e sempre la necessità e la possibilità di accogliere la spinta e cambiare.


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Gianluca

La lotta tra spinte opposte e, in particolare, tra la presa di coscienza che vi sia oramai una modalità “vecchia e usurata” nelle proprie dinamiche esistenziali e il senso di pericolo che si associa all’abbandono di quella consuetudine, costituisce uno dei temi ricorrenti nella vita di chi voglia spingersi oltre e “assecondare una possibilità nuova che bussa”.
Ciò in quanto vari sono i livelli entro cui ognuno può spingersi nella propria ricerca e, per ognuno di questi, la resa dei conti tra le due forze opposte avviene di frequente con modalità ambigue, tanto da cogliere alla sprovvista colui che si avventuri nella via dell’interiorità, non avendo ben chiari i limiti derivanti dalla “meccanicità” dell’essere umano. Senza un’incessante osservazione delle proprie dinamiche personali e senza la percezione della ciclicità delle medesime, che dovrà poi essere seguita da una presa di coscienza della propria nullità riguardo ad un oggettivo poter fare (prima di aver maturato un differente stato di consapevolezza), ci ritroveremo sempre a pagare un conto senza fine ad un destino che appare ingrato e sfavorevole. E’ qui che si colloca il lavoro, il cammino esistenziale, volto a sottrarre il pellegrino all’effetto di quelle leggi inesorabili che lo hanno talvolta indotto ad un vissuto di depressione, alimentato (nella maggior parte dei casi) da una spiccata sensibilità personale.
Da tale vissuto, però, germoglia una spinta al cambiamento interiore, e la possibilità di accoglierlo dovrebbe costituire lo sbocco naturale di ogni ampliamento del sentire umano.
Un abbraccio

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