Le comprensioni e il sentire

Non poca letteratura spirituale descrive l’illuminato, o colui che è al termine del proprio cammino spirituale, come un essere pacificato descrivendo, spesso, condizioni d’esistere che albergano più nella immaginazione del discepolo che nella realtà dell’interessato.
C’è una testimonianza che giunge dal piano della coscienza attraverso il lavoro del Cerchio Ifior, che sostanzialmente afferma: “Noi (le guide) che risediamo stabilmente nel mondo della coscienza, ci confrontiamo con l’esperienza dell’essere unità e tra noi e l’Assoluto esiste la stessa “distanza” che c’è tra noi e voi umani. Il nostro “lavoro” non è meno impegnativo del vostro e anche se non conosciamo la sofferenza, il nostro procedere nelle comprensioni non è semplice”.
Ho citato a memoria, le parole sono diverse ma la sostanza è questa.
Ad ogni grado di sentire corrispondono comprensioni da affinare, da realizzare, da completare.
Se l’umano mediamente evoluto si trova a confrontarsi con le sfide della propria rappresentazione nel mondo e con la necessità di imparare da ogni scena del suo presente lungo la direttrice che da ego lo conduce ad amore, non diverso è per l’umano evoluto se non per la sottigliezza delle sfide e delle possibilità che si offrono alla sua esperienza.
Quanta profondità ed acutezza di sguardo richiede lo sviluppo della consapevolezza delle tracce di distorsione che la meccanica dei corpi transitori introduce in ogni esperienza?
Fino all’ultimo respiro dell’ultima incarnazione esistono tracce di egoità derivanti dall’esistenza dei veicoli incarnativi e quelle tracce ammantano la realtà con il proprio personale velo. L’osservatore attento vede ogni piega del velo ed ognuna lascia andare: questo non è un lavoro secondario, è il suo lavoro, è tutto quello che ha da fare e che fa senza tensione, ma anche senza indulgenza.
Nella letteratura spirituale vengono narrate le opere mirabolanti degli illuminati e dei santi, l’enfasi viene sempre posta sul processo di illuminazione, quella particolare esperienza di relazione tra la coscienza e i suoi veicoli che tanti e vari fenomeni produce ma, come sempre è per le narrazioni della mente – e la letteratura spirituale è figlia delle menti – l’interesse è focalizzato sull’eclatante, su ciò che colpisce e impressiona.
Per le menti degli storiografi, dei biografi e dei discepoli, di scarso interesse è la normalità che avviene dopo il processo, il lavoro quotidiano che nel silenzio e nella discrezione continua ad avvenire nell’intimo di quella persona la quale, sicuramente in buona fede, tiene per sé quel lavorio sussurrato e incessante.


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Marco Dellisanti

Dal punto di vista spirituale non ci sono disoccupati. Ognuno a modo suo e a livelli diversi, ma tutti lavoriamo. Nessuno è arrivato. E’ utile ricordarlo, perché questo ci rende, nella diversità, tutti uguali.

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