Dice Samuele, con la lucidità che gli è propria: “Il rifugio nella mente rappresenta a volte un vero e proprio anestetico. Rapisce i sensi e ti conduce in una zona franca, anestetizzando la vita”.
Fatti di mente, volgarizzeremmo noi. E’ il gioco comune, feriale, quotidiano di tanti di noi, della gran parte degli umani che vive la vita attraverso il filtro irreale di quello che crede, di quello cui aderisce, di quello che desidera.
Costruiamo fotogrammi di un film fantastico basato sulle nostre proiezioni, giudizi, desideri e legando fotogramma a fotogramma lo facciamo scorrere, lo rendiamo coerente ed infine dichiariamo che è noi, la nostra vita, la realtà.
Niente di tutto questo è reale, ma a noi lo sembra e questo ci basta.
L’altro? E’ come lo vedo io. Quel fatto? E’ come me lo racconto. Se non fosse tragico per le conseguenze che produce, sarebbe ridicolo.
Invece è tragico per sé e per gli altri e traccia un sentiero di fatica e di dolore che ci costringiamo a percorrere e sul quale instradiamo quelli che includiamo nel nostro film.
Chiusi nelle pagine del nostro racconto, della vita e del vivere veri non sappiamo niente.
Ignoranza ed illusione vanno a braccetto: ignoranza di sé, dell’altro, della vita nella loro realtà unitaria non imprigionata nelle maglie del giudizio e dell’aspettativa; illusione di produrre il vero film della vita mentre si stanno generando solo caricature.
E’ vero Samuele, tutto questo ci anestetizza: viviamo vite da ubriachi.
Tu sai che noi coltiviamo il dubbio su ogni cosa che la mente afferma e mai aderiamo per principio alle sue affermazioni ma, sempre, le sottoponiamo al vaglio del sentire: per noi qualcosa è reale quando così appare al sentire, non quando è dichiarato dalla mente e, anche quando il sentire lo abilita come reale, in noi rimane quel tanto di distacco da dubitare sempre e da coprire l’accadere con il velo dell’ironia.
L’umano impara aderendo e identificandosi, quindi ignoranza e illusione sono grandi maestre. Così è e non abbiamo nulla da aggiungere: quando tocca a noi di finire nell’imbuto della mente, cerchiamo di attivare gli strumenti che abbiamo acquisito e di liberarci in fretta dalla strettoia.
Se non ci riusciamo, non ci consideriamo vittime, cerchiamo di imparare e di stare zitti senza imputare ad altri colpe che non hanno.
Quando in noi lo sguardo è limpido, vediamo il gioco dell’illusione, l’anestesia del mondo delle menti, le narrazioni che nulla dicono e nulla portano: osserviamo tutto questo come osserveremmo un’officina pieni di operai intenti alla loro opera.
Osserviamo consapevoli che questo è necessario che sia, affinché altro possa germogliare passando per quell’illusione.
Questo quando in noi lo sguardo è limpido..
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Difficile trovare parole con cui rendere più chiaro il messaggio.
Passaggio edificante…
Grazie