Identificazione e gioco

Chiede Gianluca: “Entro quali limiti l’indagine speculativa e il confronto dialettico agevolano un reale processo di disidentificazione dall’ego?
E’ forse opportuno che la comunicazione verbale sia anch’essa contenuta all’essenziale, affinché sia percepita come un mero accessorio (strumentale e conseguente) alla pratica meditativa?”
E’ un problema di misura: puoi parlare e filosofare, puoi emozionarti e provare sensazioni di vario genere; puoi agire e operare e tutto questo può essere pervaso di essere, con un tasso di identificazione al minimo, con un’alta consapevolezza che mai ti abbandona.
Il problema centrale è quello dell’identificazione: molte parole manifestano molto desiderio di comunicare e molta partecipazione, ma significano anche molta identificazione? Non necessariamente.
Possono esserci molte parole sorrette da emozioni e sensazioni corrispondenti, con azione gestuale intensa eppure il tasso di identificazione può essere basso.
Se il soggetto che realizza la scena è consapevole della rappresentazione di cui è attore e se, mentre la scena accade, la vede, la dubita, la sostiene con il giusto tasso di ironia, ciò che accade è fondamentalmente un gioco, intenso da un punto di vista rappresentativo, neutrale per il soggetto che lo propone.
Tutto questo dipende da ciò che il soggetto afferma in merito a se stesso e alla propria rappresentazione: se si prende troppo sul serio, la possibilità di scivolare nell’identificazione è alta.
Se alleggerisce, il gioco è lì, a portata di mano.
Cosa vuol dire non prendersi troppo sul serio?
Sapere che il film che viene proiettato è solo per noi, da noi generato per la nostra fruizione.
Essere consapevoli che attraverso esso conosciamo, diveniamo consapevoli, comprendiamo.
Aver chiaro che ogni scena ci mette a nudo nel limite di comprensione che marchiamo: prendersi troppo sul serio vuol dire farsi del male.


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1 commento su “Identificazione e gioco”

  1. Capisco che la vita è rappresentazione dove accadono le scene utili al nostro cammino evolutivo, ma non riesco a leggerla come gioco. Non ho allora compreso? Sono ancora troppo identificata?

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