Dice Luciana commentando il post La realtà senza senso: Coloro che hanno sperimentato quella che viene chiamata “illuminazione” (Eckart Tolle e simili) risiedono in quell’essere, nel “semplicemente accade”? Se è così il dubbio svanisce, la serenità che emanano fuga ogni perplessità.
E a proposito dell’ultima frase “è possibile andare oltre senza avere forgiato gli strumenti adeguati?” Mi viene da pensare che finché non si sono formati corpi adeguati l’attraversamento non sia possibile, sbaglio?
L’umano ama le fiere ed il circo e per attrarre la sua attenzione ciò che accade deve essere eclatante.
Ecco allora che quotidiani, blog e televisioni hanno sviluppato modi sempre più sottili e subdoli per insinuarsi nella nostra interiorità facendoci volteggiare davanti al naso i magici bagliori dell’effimero.
Si veda l’ultima pubblicità della Calvin Klein.
Stanno diversamente le cose in ambito spirituale? Non direi, l’umano è sempre quello, magari con un po’ di crosta in meno.
Alla santità è associata una sua fenomenologia, quasi sempre, a tutte le latitudini e in tutti i tempi.
Ogni tanto torno su questo tema della illuminazione, sollecitato dalle vostre domande, perché è uno dei più divertenti: non ho detto dei più interessanti, perché come interesse è quasi niente, ma il divertimento è assicurato perché le menti si eccitano prontamente.
Non ripeto quanto ho detto altre volte, ma puntualizzo alcuni aspetti:
– l’illuminato, il santo sono il simbolo delle aspirazioni dell’umano nella sua versione spirituale. Non sono necessariamente una realtà, sono icone di stati e di processi così come l’umano li immagina e li proietta attraverso la lente del suo desiderio, del suo bisogno, della sua immaginazione, della sua pietà.
– piccoli santini dunque a disposizione dei discepoli, dei lettori, dei seguaci: luci per le masse generiche degli spiritualisti in erba.
E’ sbagliato tutto questo? E perché mai, è perfetto! Ognuno ha il cibo che gli necessita.
Detto questo, cerchiamo di guardare alla cosa da un punto di vista più adeguato.
A seconda della costituzione dei corpi permanenti e di quelli transitori, all’umano è possibile un comportamento, un pensiero, un sentire di una qualità o di un’altra.
A un comportamento egoistico corrisponde un sentire di coscienza limitato; a un comportamento e ad una disposizione altruistica, un sentire più ampio ed evoluto del precedente.
Quando una coscienza termina di far girare la ruota delle nascite e delle morti? Quando ha costituito il proprio corpo, che si chiama corpo akasico, o corpo della coscienza: quando quel corpo è costituito e strutturato nel suo sentire, una coscienza non ha più la necessità di generare esperienze nel tempo e nello spazio avendo già tutto il sentire e tutti i dati che le servono per affrontare una nuova dimensione d’esperienza.
Se ne desume che il vivere, le incarnazioni, altro non sono che situazioni dalle quali le coscienze estraggono dati e acquisiscono sentire, atomi di sentire per ogni comprensione conseguita.
Le vite, il vivere dunque è un processo con uno scopo: generare comprensione, ampliamento del sentire, strutturazione del corpo della coscienza.
Al corpo fisico servono circa 21 anni per costituirsi definitivamente: al corpo della coscienza gliene servono circa 50.000 di anni.
E dopo? Dopo una coscienza non genera più incarnazioni e quindi non si riveste nemmeno dei corpi transitori della mente, dell’emozione, del fisico ma, avendo come corpo più denso il corpo della coscienza, sperimenta con quello la vita nel mondo della coscienza.
Se una coscienza, finché il suo corpo non era costituito, sperimentava ed estraeva dati e comprensioni dai suoi corpi transitori che esercitavano nei loro rispettivi mondi: il corpo mentale nel mondo mentale, il corpo astrale nel mondo astrale, il corpo fisico nel mondo fisico, ora quella coscienza non ha più bisogno di quei corpi e dei loro relativi mondi e sperimenta a partire dal mondo della coscienza nel quale è inserita e, come prima c’era una relazione tra coscienza, mente, emozione, fisico, ora c’è una relazione tra corpo spirituale 1, corpo spirituale 2, corpo spirituale 3, coscienza, dove quest’ultima è la più densa e la più vibratoriamente limitata dei quattro.
La vita, dopo l’uscita dal ciclo delle nascite e delle morti, si svolge tra il piano akasico e il primo piano spirituale: il fine non è cambiato rispetto alla vita incarnata ed è sempre quello di conoscere, divenire consapevoli, comprendere la natura della realtà e dell’Assoluto verso cui ineluttabilmente tutto l’essere è attratto.
In questa nuova condizione, mi viene da pensare che le esperienze, che si svolgono esclusivamente nella sfera del sentire, servano a strutturare i vari corpi spirituali affinché, passaggio dopo passaggio, fusione dopo fusione si giunga alla fusione ultima, quella nell’Assoluto.
In questo quadro d’insieme, parlare di illuminazione e di santità è fuori luogo e non significa granché, a nessuno è dato sapere quando è all’ultima incarnazione e la sua coscienza ha finito di estrarre dati dalle esperienze nel divenire.
Mi si osserverà che una persona all’ultima incarnazione ha sicuramente un sentire ampio e quindi comportamenti, pensieri e una vita coerenti con quell’ampiezza di sentire.
Sbagliato: all’ultima incarnazione una coscienza potrebbe trovarsi a lavorare diversi nodi karmici che potrebbero tradursi in una vita incarnativa piuttosto travagliata.
Quante coscienze ogni anno escono dal ciclo delle nascite e delle morti e mai più compariranno con i loro veicoli nei mondi fisico, astrale, mentale?
Molte decine di migliaia, forse alcune centinaia di migliaia. E dov’erano questi? Cosa facevano, come vivevano quelle persone espressione di quelle coscienze?
La grandissima parte di loro è vissuta nell’anonimato ed è scivolata via in silenzio per sempre dal circo umano: non ha scritto libri, non ha guidato discepoli, non ha fondato correnti spirituali, non ha conosciuto che la propria piccola vita dentro la quale ha visto sbocciare la libertà, e nemmeno sempre, perché in molti casi non è stata certamente consapevole di stare finendo un ciclo cosmico e di varcare una porta senza ritorno.
Detto tutto questo, è evidente che ciò che ci compete è il vivere e in esso il conoscere, il divenire consapevoli, il comprendere: se poi, in una certa stagione della nostra vita, o delle “nostre” vite, ci è accaduto qualcosa di particolare, anche di molto particolare come esperienza vibratoria, sensoriale ed extrasensoriale, beh, questa non dimostra niente che non sia un semplice passaggio di stato, un gradino magari salito, una connessione interiore magari stabilita.
Sempre ” illuminanti” i tuoi post. Grazie!
Credo che per me questa sia la strada giusta, come erano giuste tutte le altre strade che ho fatto.
In questa lucida descrizione la sensazione è di essere nel posto giusto nel momento giusto, a casa.
Brandelli di ignoranza si sfilacciano e si staccano, lasciando intravedere nuove timide comprensioni.
Grazie!
la vita con uno scopo, da una parte risponde a tante domande, dall’altra però rischia di far perdere un po’ del fascino che la ha vita in sé, senza scopo appunto, del semplice essere. I piani dei due “scopi” sopra detti sono evidentemente diversi però devo starci un po’ sopra a riflettere.
Poi dietro tutto rimane, irrisolta e forse irrisolvibile, la domanda: perché? Mistero direbbe un cattolico arrugginito come me!
Il Cerchio Ifior fa una netta distinzione fra stati di illuminazione (che possono essere anche vari episodi durante una vita) e la fine delle incarnazioni cioè il completamento del corpo della coscienza, sono due cose completamente diverse. In sostanza, dicono, un uomo che magari è ancora ben lungi dall’essere all’ultima vita, può vivere degli stati così detti d’illuminazione: una vibrazione particolare e spesso accompagnata da una fenomenologia ampiamente descritta, ma questo non vuol dire che “sono arrivati”, semplicemente si sono attivati, per vari motivi, dei canali preferenziali che attraversano i tre corpi inferiori e che in qualche modo gettano un più o meno lungo sguardo nel mondo del sentire più prossimo all’Assoluto. Detta in soldoni si apre come la possibilità di dare una sorta di sbirciatina ai piani alti!