Parto da questa espressione cui fa riferimento Samuele nel suo commento al post Illuminazione e coscienza: Le vite, il vivere dunque è un processo con uno scopo: generare comprensione, ampliamento del sentire, strutturazione del corpo della coscienza.
E’ in chiara contraddizione con quanto affermato nel post La realtà senza senso. Come mai?
Due sono i punti di vista da cui si può osservare e comprendere la realtà: il punto di vista del divenire e quello dell’essere.
Dal punto di vista del divenire, esistono le persone, le loro vite, l’imparare, il comprendere, la ruota delle nascite e delle morti, il seme che diventa pianta, il bambino che diventa adulto, il trovare e il perdere, i progetti e le aspirazioni.
Il divenire è il film nel quale siamo immersi e che possiamo percepire grazie ai nostri organi di senso, grazie alla memoria, grazie alla coscienza che, sentendolo, lo crea.
Il divenire è il frutto dell’identificazione, dell’ego, dell’identità, di una certa comprensione di sé che si manifesta con limiti definiti.
Mentre scrivo al computer vedo tutto il processo del divenire che si srotola ma so che, in origine, quello che appare sullo schermo non c’è: ci sono solo 1 e 0 in varia combinazione ed è solo grazie a dei mediatori tecnologici che questi divengono immagine percepibile dal mio occhio.
Così è per le nostre vite: prima che i sensi, i mediatori tecnologici del caso, aggreghino la realtà, esiste solo la materia divina indifferenziata.
Prima che la coscienza senta qualcosa, quel qualcosa non esiste.
Dunque esiste una realtà che precede quella del divenire ed è la realtà dell’essere nella quale non c’è alcun film, non c’è alcuno scorrere e non c’è alcun tempo, c’è solo sentire a vari gradi di sottigliezza (ma anche su questo ci sarebbe da discutere).
Mentre nel divenire tutto ha uno scopo perché conduce da un punto ad un altro, nell’essere non esiste scopo e la realtà è quel che è e, non divenendo, non ha scopo alcuno.
Perché accade allora, chiede Samuele? Ma, in realtà, accade solo sul piano del divenire, non su quello dell’essere, quindi anche la domanda di sempre di tutti deve essere riformulata.
Ha uno scopo il “Creatore”? Non credo.
Ciò che percepiamo e viviamo, ciò in cui ci sentiamo immersi, il programma che ci avvolge e sembra condurci, altro non è che una vastissima serie di stati di sentire disposti dal più limitato al più vasto secondo delle leggi, delle logiche interne a quei sentire stessi: l’umano vive nel tempo e nel non tempo tutti gli stati di sentire dell’Assoluto.
Niente altro che questo: il dispiegarsi prima in sequenza – nella ruota delle nascite e delle morti – e poi in presenza – dopo la fine della ruota – del sentire assoluto.
Non c’è un perché, né uno scopo: l’Essere dichiara l’Essere.
Alcuni di noi non hanno altro accesso che al divenire e all’identificazione che lo sorregge; altri hanno un sentire tale da potersi aprire su un altro orizzonte, più profondo e vasto, quello dell’essere; altri ancora stanno chiudendo la loro esperienza nel divenire e sempre di più risiedono nell’essere.
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Non avevo mai riflettuto sul significato del divenire e sull’essere da questo punto di vista, grazie!
Grazie
Grazie
Efficace l’esempio delle immagini sul pc, che in realtà sono una serie di 1 e 0 variamente combinati
Precisazione importante, credo che a volte sia importante dichiarare da che punto di vista sorgono le nostre parole (divenire o essere) proprio per non essere fraintesi.