Accogliamo oggi una nuova amica nella nostra comunità, in questa officina esistenziale che ci vede impegnati nel cammino della conoscenza, della consapevolezza, della comprensione.
E’ un passo importante, non verso di noi, non per l’organismo comunitario che comunque si arricchisce di un altro sentire, di un’altra operaia, ma per ciò che significa per la persona che compie la scelta: essa si propone di porre al centro della propria esistenza, insieme alla cura di sé e della propria famiglia, il cammino interiore, la conoscenza di sé, la consapevolezza del proprio operare, la disponibilità ad imparare e, ogni giorno, a cambiare.
Vi chiedo: esiste una risoluzione più grande?
Nel contesto della propria vita feriale carica di responsabilità e di impegni, qualcuno dice: userò ogni scena del quotidiano, ogni frutto delle mie relazioni, ogni caduta ed ogni raglio per conoscermi, per divenire consapevole del mio limite di comprensione, per superarlo nella misura che sarà a me possibile senza mai lottare contro me stessa.
Perché, evidentemente, non si tratta di lottare contro se stessi, si tratta semplicemente di vivere, conoscersi e accettare di essere trasformati da ciò con cui ci impattiamo.
Alla grande parte di noi, sfugge purtroppo il contesto esistenziale entro cui avvengono scelte come queste: noi tutti vediamo solo l’orizzonte di questa vita e, qualche volta, anche solo di alcuni frammenti di essa. E’ difficile che il nostro sguardo abbracci la molteplicità delle vite cui una coscienza dà origine e colga la portata di certe risoluzioni che sorgono nel nostro intimo e che vanno a plasmare tutto il nostro futuro, tutto il sentire che verrà.
Una persona che mette al centro del proprio cammino esistenziale la conoscenza di sé, inizia un’opera i cui riflessi, i cui risultati, le cui conseguenze riverbereranno per tutte le vite a venire della coscienza che la genera.
Ciò che oggi conosciamo, quello di noi di cui diveniamo consapevoli, quello che comprendiamo verrà man mano iscritto nel corpo delle coscienza e non potrà più essere perduto: ciò che è compreso lo è per l’eternità, ciò che è divenuto atomo di sentire nel corpo della coscienza, è tessera di un puzzle che va componendosi nel tempo fino a giungere a compiutezza, all’esperienza della unità del tutto.
Siamo così preoccupati di accumulare, e siamo così ciechi che invece di accumulare ciò che non conosce l’azione dei tarli, accumuliamo quantità di inutile, di effimero e di banale soggetto ad ogni impermanenza e ad ogni minaccia.
Così è, finché non abbiamo aperto gli occhi: da un certo punto in poi, smettiamo di disperderci e iniziamo a focalizzare le nostre forze e la nostra consapevolezza nella direzione della conoscenza, e allora inizia veramente un’epoca nuova nella nostra esistenza.
Potete immaginare che cosa genererà domani la conoscenza che acquisiamo oggi?
E cosa la consapevolezza che oggi ci apre gli occhi?
E cosa le comprensioni che senza sosta si strutturano nel nostro interiore?
Domani è figlio di oggi: a luglio il contadino raccoglie quel che ha seminato in novembre e curato per tutte le stagioni.
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Mi ritrovo perfettamente in quello che dici , c’è però un’osservazione che mi sorge, memore anche dell’esperienza che ho vissuto ieri: ho partecipato alla liturgia della iniziazione cristiana, detta anche Cresima. Con questo sacramento si “infonde” lo spirito santo nei cresimandi con il gesto dell’unzione da parte del vescovo, come se lo spirito fosse erogabile con un on/off prima non c’era e adesso c’e, prima lo spirito aleggiava fuori di te e adesso invece è finalmente in te. Lo sento davvero riduttivo se non fuorviante: mettere dei paletti allo Spirito…
Un sentire di ristrettezza mi è sorto anche quando ho letto dell’interpretazione che hai dato all’inserimento della nostra cara amica nella comunità : ” essa si propone di porre al centro della propria esistenza, insieme alla cura di sé e della propria famiglia, il cammino interiore, la conoscenza di sé, la consapevolezza del proprio operare, la disponibilità ad imparare e, ogni giorno, a cambiare. Vi chiedo: esiste una risoluzione più grande?”
Ma questo non è il progetto esistenziale di ciascuno di noi, ognuno con i suoi tempi e modi, a prescindere dal contesto comunitario ? il mio certamente si. Di sicuro avere un contesto comunitario cui senti di appartenere è un grasso aiuto in questo compito, ma ciò è solo una tappa di un sentire e non va mai identificato con il progetto di fondo.
Ho gioito per la richiesta della nostra amica, allo stesso modo in cui sono felice di camminare con coloro che condividono con me questo sentire. Grazie di cuore a tutti voi.
Grazie
Grazie roberto…