Il sabato molti non lavorano, la domenica quasi nessuno. Se non ci sono necessità urgenti, possono essere due giorni di raccoglimento, di gesti misurati e di poche parole.
Di ridotta frequentazione, di tempo per stare in solitudine: osservando, ascoltando, tacendo.
Affrontare la giornata sentendosi compenetrati da un silenzio che ci attraversa e ci pervade: il silenzio di noi, dei nostri bisogni, dei nostri lamenti.
Immersi in una consapevolezza che ha bisogno di una lentezza, di un procedere piano, di poche essenziali cose e gesti e situazioni.
Ci facciamo inutilmente del male con la nostra frenesia del niente: ascoltare, osservare, tacere.
Ore e giorni che si dispiegano senza essere pressati e senza scopo, concedendosi uno stare che diviene una trasparenza rispetto ai suoni, agli odori, ai movimenti, ai silenzi.
La nostra droga è il fare, il dire, il manifestarci: ci sembra di essere normali, no, non siamo normali, siamo maschere vaganti vuote di essenza.
Fermarsi, stare, ascoltare, osservare, tacere lasciando che la vita affiori attraverso noi, sorgendo dal nostro intimo e attraversandoci dall’intimo degli altri esseri.
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Grazie
Grazie Roberto, già leggendo il tuo post mi placo….
altro che veder sventolar bandiera gialla e vedet che qui si balla…ed il tempo volerà! “Il tempo volerà” come se fosse un tedio che prima passa e meglio è…
Ben altra è la musica e l’odore del tempo che promanano dal tuo post
Grazie.
Una volta ho letto parole simili riferite a quello che veniva chiamato “tempo destrutturato”, rende bene l’idea di cosa stiamo parlando ed e sembra così difficile concederselo…