Prendo lo spunto per questo post dal Lunedì nel Sentiero di oggi.
C’è l’esperienza dell’essere grati e quella dell’essere gratitudine.
Essere grati implica un soggetto: c’è qualcuno che è grato. E’ una esperienza importante che assume una portata variabile a seconda della nostra disposizione e di ciò che riceviamo dall’altro, o dalla vita.
Essere gratitudine è un’esperienza di tutt’altra natura: c’è la gratitudine libera dal soggetto che, semmai ci fosse, è da essa attraversato e marginalizzato occupando la gratitudine il centro dell’esperienza.
L’esperienza della gratitudine è ben nota alla persona che apre le porte del proprio essere alla contemplazione: senza causa alcuna, sorge nell’intimo quella esperienza. Non perché hai ricevuto, o ti senti beneficiario di qualcosa: nell’intimo sorge un grazie che ogni manifestazione abbraccia e non è il grazie di qualcuno detto a qualcun altro.
E’ pura esperienza di sentire che può, subito dopo, essere usata dalla mente, catalogata e formulata in un pensiero ma, in origine, è pura esperienza senza scopo.
Definirei l’esperienza della gratitudine una delle coloriture dell’esperienza più generale dell’amore: quando la persona, per comprensione conseguita, sente la dimensione operante ed essente dell’amore, quando quel sentire attraversa i veicoli dell’umano, produce in essi delle reazioni determinate che vengono poi catalogate e descritte come gratitudine.
Mi viene naturale collegare la gratitudine alla gratuità: tutto accade senza scopo e questa totale ed assoluta gratuità, questa follia dell’essere delle cose e del reale quando è da noi compresa, fiorisce nell’esperienza della gratitudine.
Nell’essere gratitudine.
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Grazie!
Mi accodo a Sandra,grazie.
Grazie roberto! Sento molto la differenza di significato che così bene descrivi.