Dare per scontato la presenza dell’altro, la situazione di un figlio, l’acquisizione di un diritto, il contenuto di una lettura, il significato di un’espressione.
Il velo della routine copre lo sguardo e la realtà ci sembra conosciuta, l’attenzione diminuisce, la presunzione di sapere e di conoscere ci inorgoglisce.
È allora che perdiamo il contatto con la realtà, se mai lo abbiamo avuto, nella routine del conosciuto, in quella processione di atteggiamenti interiori che danno per scontato ciò che bussa nel presente.
Il presente è scontato, questo dice la mente: nulla di nuovo, già visto, è come sempre. Interminabile il campionario delle fesserie che una mente dipana.
Mai il presente è scontato e sempre richiede, soprattutto nella routine delle abitudini e dei giorni, un supplemento di attenzione per cogliere nelle pieghe di ciò che si presenta, le caratteristiche nuove del simbolo che bussa alla nostra porta.
Ogni fatto è un simbolo che parla di noi, dell’altro, del reale che non ci appartiene.
Sempre il simbolo acquisisce sfumature diverse, perché in continuazione la realtà cambia e la nostra comprensione con essa: la disposizione della mente/identità che distoglie lo sguardo dal simbolo ritenendolo scontato, è un puro e volontario atto di accecamento.
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L’esperienza del presente come porta di accesso all’essere, nelle piccole cose in quelle apparentemente insignificanti
Mi vien da dire che possono esserci due tipi di routine: quella di cui parli all’inizio del post quando tutto si dà per scontato, per acquisito e non si legge più il fatto che accade nel suo simbolismo e non si presta più attenzione ad esso; poi, a mio avviso, c’è la routine che arriva quando cominci a spogliarti di orpelli, quando non ti poni più domande; anche in questo caso il rischio che l’attenzione si stemperi è grande perchè niente è più così tanto importante ed entri in una terra di nessuno che ti distrae da una vigilanza pronta su ciò che accade.