Dice Samuele, alla fine della sua riflessione su Novità dal Sentiero: Siamo persone che si allenano a non cadere vittime dell’identificazione, ma che al contempo hanno necessità di partecipare alle sfide della vita facendo anche ragliare l’asino in loro, finché ce n’è. È anche questa la danza tra l’essere e il divenire?
Partecipiamo della vita: ridiamo quando è tempo, piangiamo quando ci accade, seguiamo con interesse lo scorrere del film che chiamiamo vita, il nostro e l’altrui.
La tua riflessione parte dal calcio, dall’appassionarsi ad esso, dall’identificazione, dalla necessità della misura.
Cosa penso? Che la vita è un’immensa vibrazione e noi vibriamo in essa e con essa.
Il problema non è se vibriamo, è nella consapevolezza del tasso di identificazione che marchiamo.
In altre parole: siamo consapevoli che tutto è gioco, rappresentazione che parla di noi, dell’altro da noi, della vita?
Se si, allora dov’è il problema nel vibrare assieme?
Ti farò degli esempi relativi all’ambito che hai scelto. Ho guardato qualche giorno fa la partita Spagna-Croazia, il primo tempo, poi mi sono stancato.
Ho trovato interessante il gioco di entrambi, così diverso: così sofisticato uno, così diretto l’altro. Due mondi, uno spettacolo vederli confrontarsi.
Ho guardato anche l’intera partita della nostra nazionale e mi ha colpito quello che sempre mi colpisce quando li vedo giocare: sono lo specchio del paese.
Non vanno in profondità, non quanto potrebbero e dovrebbero per affermarsi: lì vedi troppo spesso perdersi nel gioco vano e poi sacrificare la loro possibilità.
Li vedi sciupare le potenzialità soggettive e collettive, come se nel loro interiore qualcosa operasse come censore, come impotenza che li corrompe.
Naturalmente ci sono delle eccezioni, ma questa disposizione di fondo emerge spesso e parla del nostro paese, non solo della sua nazionale di calcio.
Mentre guardo la partita, in me non è attivo l’analista, né il tifoso che non c’è, ovviamente: è attivo l’uomo che ha strumenti di lettura della realtà e a questa guarda in modo spassionato.
Ho sentito Renzo Travaglio dire che avrebbe tifato contro l’Italia: mente pura che ha sempre bisogno di schierarsi.
Possiamo assistere a ciò che di bello e nobile accade nella vita? Possiamo aprire gli occhi sul brutto e l’ignobile che ogni giorno non manca?
Possiamo fare l’uno e l’altro senza trasformarci in combattenti: registrando i moti che sorgono dal nostro intimo, facendoci un’opinione, ripromettendoci alcuni obbiettivi se vogliamo cambiare la realtà e, infine, distendendoci e accogliendo semplicemente quel che viene senza continuare ad entusiasmarci, o a brontolare, o a scandalizzarci?
Questo atteggiamento ci è possibile quando abbiamo una regia, che deriva dalla consapevolezza e dalle comprensioni acquisite, delle nostre identificazioni.
E’ dunque una questione di misura, di via di mezzo? Non sempre, non comunque.
Quando fai del sesso, Samuele, non essere misurato! Quando mangi un piatto che ti piace, sappi dire basta!
Perché l’uno si e l’altro no? E potrebbe essere l’inverso: misura nel sesso e abbandono nel mangiare?
Certo, dipende dalle persone, dalle stagioni del loro vivere, dai loro partner e da mille altri fattori.
E dunque? Il centro della questione è la consapevolezza dell’identificazione.
La persona consapevole per maturità di comprensione acquisita, vede il film e lo governa, non lo subisce.
C’è una scena in cui può prendere corpo quel tasso di identificazione con quella sceneggiatura, e c’è un altra scena che ha bisogno di un altro grado di identificazione e di sviluppo: dunque non siamo mai spontanei?
La persona inconsapevole è mossa dai bisogni, dai desideri, dagli istinti, ha un grado di consapevolezza relativo che la rende molto diretta e spontanea, immediata.
La persona consapevole in grado sostenuto, si muove assecondando altre logiche: lascia fluire il compreso e dunque la sua rappresentazione è ugualmente immediata e fresca, diretta ma, ciò che esprime, non è né desiderio, né bisogno, né istinto, è il mare vasto e indiviso del sentire che viene percepito dall’altro come vero, autentico anche quando esprime il riso, il gioco, lo scherzo.
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