Amare non è possedere: l’affermazione, in sé, sembra scontata, tutti crediamo di averla compresa.
Diceva l’altro giorno una ragazza: “Nella crisi che ho con il mio partner, in una pausa che ci siamo concessi per decantare i problemi, ho avuto una storia flash con un uomo, solo sesso. Ora il mio partner mi rimprovera la cosa, ma non sa che l’amore che ho per lui è dedizione, costanza, presenza senza condizione e il sesso con quell’uomo non conta niente”.
Se tutti abbiamo compreso che l’amore non è possesso, perché ci fa così male quando ci troviamo in una situazione come quella descritta da questa ragazza?
La mia risposta è piuttosto semplice: quello che la gran parte di noi prova, ha ben poco a che fare con l’amore e molto invece con la narrazione dell’amore, con l’idea dell’amore esclusivo che ci siamo costruiti ma non sappiamo, non abbiamo compreso, che il termine amore e il termine esclusivo non sono compatibili, narrano di un possesso reciproco e negano ciò che affermano.
Il rapporto di coppia non è vissuto come il luogo della liberazione reciproca, ma come l’esperienza governata dal patto.
Ora so che questa impostazione crea una miriade di equivoci e allora preciso:
– liberazione reciproca non è l’affrancarsi dalle responsabilità della relazione e dunque anche dalla necessaria fedeltà, è comprendere la portata esistenziale del rapporto, è sapere e aver compreso che la coppia è officina esistenziale che libera i singoli dai condizionamenti interiori e li conduce di comprensione in comprensione fin oltre loro stessi;
– il patto è la promessa che i due si fanno di procedere assieme: la sua natura è dinamica ed esistenziale, non prioritariamente morale, non è una scrittura notarile e i due debbono avere la capacità di ripensarlo e rifondarlo senza fine mantenendosi fedeli a se stessi e alla parola di serietà e di dedizione data all’altro.
I due sanno che l’innamoramento finisce?
Sanno che l’affetto non di rado assume la colorazione dell’intolleranza e, a volte, anche quella dell’odio?
Pensano che questo sia la fine del loro procedere assieme? O hanno compreso che appartiene alla fisiologia dello stare assieme, come la notte appartiene alla fisiologia del giorno?
I due sanno che per giungere all’amore, debbono perdere l’amore? Ovvero debbono perdere la narrazione dell’amore cui hanno aderito?
I due sanno che l’innamoramento, il sesso, l’affetto sono simboli grossolani di qualcosa che ancora non conoscono?
Sanno che tutto questo morirà e solo allora saranno liberi di amare?
Sanno che quando il loro amore sarà scomparso, solo allora ameranno, ma non più quella persona, semplicemente ameranno?
Sanno che l’amore non ha soggetto e non ha oggetto?
Detto tutto questo, siete ancora convinti che l’amore che tutti quanti noi proviamo non sia condizionato dal possesso?
C’è una cruna dell’ago in cui passare: la scomparsa a se stessi.
Lì accade il determinante: chi scompare a se stesso, vede comparire la realtà, vede affiorare l’altro, vede la natura della relazione.
L’amore come ce lo raccontiamo non esiste: le coppie non sono fondate, in genere, sull’amore, ma sul bisogno e dunque sulle necessità dell’ego.
Superata l’identificazione con l’identità e i suoi bisogni, ciò che rimane è l’officina esistenziale che condividiamo con il nostro partner e che è attraversata, quella si, da una corrente d’amore perché l’altro non è più nostro, ma è l’irriducibile altro, maestro del nostro vivere a cui ci inchiniamo, così come ci prostriamo davanti a tutto il vivente che ci permette di essere ad ogni respiro Uno.
Ciò che mi fa riflettere è quando si divide il concetto di amore per il partner e l’idea di “fare solo sesso con un altro che non sia il partner e che “non conta nulla”. Ma di chi stiamo parlando? Se ritengo di poter amare senza condizioni e con dedizione il mio partner, amo anche quando ritengo di fare solo sesso con un altro, altrimenti in nessuno dei due casi sono in amore. La differenza è che quando sono in coppia scelgo di sperimentarmi nel quotidiano. A mio modo di vedere, nell’espressione stessa del pensiero iniziale è racchiuso il concetto del possesso.
Grazie…..siamo in cammino…..
Alcuni passaggi sono superati,altri su cui invece c’è da lavorare.Diversi gli spunti di riflessione. Grazie.
Credo che nel rapporto di coppia si sperimentino sprazzi di Amore perchè sempre è presente l’identità anche se stemperata. Anche quando si vive il rapporto come officina esistenziale e si coglie l’altro come maestro, credo sia difficile rinunciare a quel maestro, a quell’andare e procedere insieme; non è facile, pertanto, a mio modo di vedere, rinunciare a quel possesso e a quell’affetto.
Grazie robi!