Negli anni ho visto arrivare persone con maschere gialle ed andarsene con maschere rosse.
Ho visto persone andarsene con le maschere a brandelli e un sorriso che emergeva e altre con un risentimento sulle labbra.
Ho visto gente rimanere ed accettare che la maschera fosse sottoposta all’usura del tempo, strattonata nelle relazioni, colpita e lacerata nel rapporto con i pari e con chi guida.
Ho visto emergere volti da dietro le maschere: vite, paure, speranze e possibilità.
Ho visto il lamento, il pianto, la ribellione, i mille vittimismi e la dignità di chi si è caricato la propria vita sulle spalle e ha saputo dire grazie anche se carico di ferite.
Una via non è un tonico, una consolazione: una via è l’essere messi davanti a se stessi, alla necessità di portare a maturità la propria umanità e poi, se esistono le condizioni, andare oltre essa.
La prima cosa e la più semplice che il Sentiero produce, è di metterti davanti alla tua incompletezza nell’umano: davanti al tuo infantilismo, al tuo vittimismo, alla tua mancanza di coraggio, alla tua incapacità di prendere la vita che ti è data nelle tue mani.
Questo è il primo passaggio, il primo valico: la relazione con i fratelli e le sorelle nel cammino, questo produce. Il rapporto con chi guida, questo svela, smaschera e porta alla luce.
A volte questo processo di chiarificazione, di autenticazione, di presa di contatto con sé avviene con progressione e in un clima di sostanziale delicatezza e tenerezza.
Altre volte il procedere è più brusco, perché diversi sono i temperamenti e i mascheramenti.
Sempre il processo porta a vedere con occhi nuovi sé e l’altro da sé: quando lo sguardo nuovo si afferma, la persona sceglie se rimanere e proseguire il cammino oltre sé, o se andare e procedere da sola o altrove.
Accade che la persona rimanga in bilico e non riesca a prendere una direzione: non riesca a staccarsi rischiando di creare una appartenenza di comodo; non riesca ad osare l’andare nella solitudine della propria responsabilità.
Nulla viene mai fatto per trattenere, semmai qualcosa viene operato per rendere più facile la scelta: a volte un affetto sul quale la persona conta, viene velato affinché non rappresenti un legame. Altre volte una parola di incoraggiamento che potrebbe essere proferita, viene taciuta e la persona lasciata sola nella sua decisione e nel suo deserto.
Chi supera questi passaggi e va per la propria strada, si ritrova rafforzato e determinato nel suo cammino di autonomia.
Chi rimane ha scoperto che una via non è fondata sull’affetto e sul lisciarsi il pelo, ma sulla comunione del sentire e sul procedere insieme all’interno di un rapporto che è innanzitutto e prevalentemente esistenziale.
Grazie
“Accade che la persona rimanga in bilico e non riesca a prendere una direzione: non riesca a staccarsi rischiando di creare una appartenenza di comodo; non riesca ad osare l’andare nella solitudine della propria responsabilità.” E’ proprio la responsabilità, la costanza e l’andare oltre a ciò che crediamo sia che porta ad essere solo (non però isolato) in un cammino, seppure lo stesso sentiero venga percorso da altri fratelli.
Grazie!
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