La confidenza fraterna

Una via interiore, spirituale, richiede un alto tasso di confidenza fraterna.
I piani della relazione sono molteplici:
– identitario
– esistenziale
– trascendente.
Non esiste persona nella via che non abbia sue questioni identitarie da sistemare e da portare a compimento, di conseguenza le relazioni tra i membri di un cammino e con la loro guida hanno sempre dei risvolti psicologici e immanenti.
Allo stesso modo, ogni persona è inserita in un procedere esistenziale che la vede partire da un certo campo base di sentire, diretta ad un altro campo base a quota più elevata: ad ogni vita, e più volte in una vita, la persona sposta il campo base e lo fa non da sola, ma con gli altri.
Nostra è la responsabilità e ce la assumiamo nella solitudine, ma comune con altri è il procedere.
Il trascendere è l’ultimo step: dall’ultimo campo base alla vetta, lo scomparire a sé e lo scoprirsi intessuti di unità.
Tutto questo accade nella relazione:
– l’imparare è frutto della relazione;
– la verifica dell’appreso, è nella relazione;
– la eventuale ricaduta karmica, è nella relazione.
La relazione ha bisogno di confidenza fraterna, di potersi dire le cose, di potersi accogliere e respingere, di provare uno slancio e una ripulsa.
Le relazioni in ambito spirituale sono spesso, non sempre, inguardabili tanto è il carico di ipocrisia che le condiziona.
Siccome si è in un ambiente interiore, ci si atteggia a spirituali e si mette in atto la rappresentazione dei buoni, dei pazienti, degli accoglienti, dei non giudicanti. Qualcosa di insopportabile.
Più le relazioni sono esterne e superficiali, più hanno le caratteristiche che ho denunciato; più sono interne e profonde, più divengono autentiche.
Quando una relazione assume la franchezza che c’è tra partner, tra genitori e figli allora, a mio parere, si avvicina alla naturalezza necessaria, alla immediatezza che libera l’essere dall’ipocrisia e lo conduce nel ventre di quel che è e così lo porta davanti all’altro.
Quella della franchezza è una componente necessaria, ma non è l’unica e da sola non porta lontano, anzi.
Personalmente, come insegnante, mi sento a volte, non sempre, prigioniero delle fragilità e degli schemi di comportamento e di relazione di alcuni che passano per questo Sentiero.
Non di rado mi accade di sbottare e di rompere il giocattolo che l’altro va costruendo nel tentativo di ricondurre la relazione in un ambito di verità.
Osservo i miei compagni di viaggio e li vedo troppo buoni, troppo educati, troppo addomesticati: non possono essere veri, non credo siano veri.
O della verità mostrano solo il volto domestico, quello accettabile. E l’altro?
La confidenza fraterna è quell’ambito di verità, oltre la pantomima, oltre il timore di certe manifestazioni di sé in cui convivono la franchezza, l’immediatezza e la profonda e scrupolosa gestione delle proprie intenzioni, pensieri, emozioni e gesti.
Possono convivere la franchezza e la gestione delle spinte interiori? Non nega la gestione la natura stessa della franchezza?
Se la franchezza è illuminata dal gioco, la gestione delle spinte è possibile e semplice e ciò che ne risulta è una danza allegra e scanzonata e nel contempo profondamente ironica e penetrante.
Il gioco è possibile con un basso tasso di identificazione.
Se non c’è di mezzo il destino del mio essere, allora possiamo danzare il dirci le cose, il configgere con armi giocattolo, il corpo a corpo dell’arte marziale che non deve avere vinti e vincitori.
Se non c’è di mezzo il destino del mio essere: questa è la condizione, l’assenza di posta in gioco.
La confidenza fraterna è questo mondo fatto di leggerezza, di ironia, di sarcasmo a volte, di capacità di arrivare diretti in alcuni frangenti ed estremamente mediati in altri.
Nel gioco due cani non si fanno male; ringhiano, sbavano e si azzuffano ma è chiaro che giocano: per poter fare questo, mantengono un controllo ferreo e naturale sui propri istinti e mai dimenticano chi è l’altro e il rispetto che gli va portato.
Il rispetto non è stare oltre una parete di vetro, è entrare in una relazione vera e vitale, tanto più creativa quanto più la spinta, l’impulso trovano una modulazione, una articolazione, una gestione alta nel mentre giungono all’altro.
Allora, l’elemento inconscio ed anche indomito, selvatico e forse offensivo, ferente, vive una trasformazione profonda diventando gioco e sostanziale atto d’amore.


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nadia

Sempre molti gli spunti su cui riflettere. Grazie.

Catia Belacchi

Certamente la relazione mette in evidenza, in primo luogo, le questioni identitarie non ancora risolte, almeno questo è per me. Lavorare su queste apre la strada agli step successivi.

luciana

Bellissimo, Robi, e molto vero!

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