Conosce la noia il contemplativo? Non Credo.
L’esperienza della noia viene generata dall’identità e siccome l’identità non è un corpo ma una interpretazione di sé, se quell’interpretazione è stata vista e sviscerata, conosciuta e disidentificata, i suoi frutti non crescono più, o crescono marginalmente, sull’albero delle esperienze.
La persona della via spirituale conosce il racconto su di sé e sulla vita che narra la sua identità; l’esperienza che gli deriva dalla lunga frequentazione l’ha portata a non credere, a non aderire a quel racconto: se la persona non ha più come campo base il narrato identitario, dove mette i picchetti della sua tenda?
Nel sentire di coscienza e da quella postazione osserva l’ampio panorama sottostante.
Parliamo di contemplazione quando la consapevolezza è focalizzata sul sentire e da quella dimensione d’essere e d’esistere è attraversata e impregnata.
Con il soggetto/identità al margine, la realtà non è più giudicata ed etichettata, parametrata e finalizzata: viene semplicemente vissuta per quel che è.
Se, nell’esperienza contemplativa, non ci sono desiderio e bisogno – e non ci sono perché il soggetto è al margine – allora la realtà basta a se stessa e non c’è noia che possa sorgere perché questa si alimenta del desiderio e del bisogno.
All’assenza di desiderio e di bisogno, corrisponde anche la caduta delle domande e della ricerca di senso, ma non della disposizione ad investigare.
L’umano è abituato ad investigare con le sensazioni, le emozioni, il pensiero: raramente considera che esiste un’altra investigazione di tutt’altra natura, quelle del sentire che conosce se stesso.
Il sentire che indaga il sentire scopre stati sempre più vasti e profondi che gli divengono accessibili man mano che le comprensioni giungono a compimento attraverso le esperienze della vita: nell’apparente immobilità e staticità; nei ritmi lenti e blandi della vita contemplativa; nel silenzio ampio e profondo che pervade la mente e le giornate il contemplativo indaga, senza l’uso di alcun impulso volitivo particolare, l’ampio spettro del sentire che lo costituisce e si affaccia sugli spazi di ciò che ancora non gli è conosciuto e familiare.
Ogni giorno il sentire amplia la propria sperimentazione, ed ogni giorno più vasta ed articolata risulta la capacità della consapevolezza di riflettere ed impregnarsi di ambiti e livelli di sentire nuovi.
Il soggetto, che è rimasto al margine di tutto il processo, non essendo in alcun modo alimentato e incoraggiato, non ha spazio e forze per generare il fungo della noia.
Sono situazioni che si verificano; a volte con alcuni, mancando una base comune di sentire, la relazione viene avvertita come sterile.
Certo, bisogna stare sempre in guardia perché un filo di superbia può introdursi, ma questo è abbastanza facile da vedersi..
Come posso allora definire, quella sensazione che si ha quando, si è con un gruppo di persone e ci si rende conto che non c ‘è nulla che accomuna. Nè pensieri, nè emozioni, tantomeno condivisione del sentire….sarà superbia?