Sorgono dall’intimo sollecitazioni di varia natura e coinvolgono gli ambiti più diversi dello sperimentare, attivate dal richiamo di un certa situazione, di determinate sensazioni ed emozioni, di certe fantasie e fascinazioni.
Sorgono come sussurri, sottotraccia, con una spinta lieve eppure evidente e persistente: da dove provengono?
E’ un argomento affrontato tante volte e ci ritorno perché mai è esaurito e mai un umano finisce di confrontarsi con quelle spinte che lo attraversano.
Abbiamo detto in passato che possono sorgere da comprensioni non completate, che dunque abbisognano di un approfondimento, come possono derivare da un moto proprio e residuale dell’identità, da abitudini, ad esempio.
Qui mi interessa trattare la situazione in cui qualcosa è già ampiamente compreso, eppure una certa sollecitazione comunque affiora.
Certo, se quel qualcosa fosse completamente compreso, la sollecitazione non avrebbe spazio di manifestazione: se lo ha, significa che c’è un residuo di comprensione da portare a compimento.
Quest’ultimo passo che deve essere compiuto, abbisogna dell’esercizio della volontà, del rafforzamento e del consolidamento del percorso di questa forza.
Nei veicoli sorge qualcosa che può divenire azione o meno: quello che sorge è sensazione, emozione, pensiero ma non è sorretto ancora dalla forza della volontà – perché se lo fosse saremmo in una situazione del tutto diversa – e allora si può operare una scelta, un si per veicolare, un no per bloccare.
Possiamo mettere il lievito nella massa del pane, oppure no: possiamo innervare in quell’insieme di stati potenziali la forza della volontà che da potenza li renderà atto.
Qui mi interessa la scelta che conduce al no, l’impedire che il non organizzato prenda forma e si esprima.
La consapevolezza oscilla tra ciò che sorge nell’identità come sollecitazione e ciò che costituisce l’insieme ampio, anche se non ancora completamente consolidato, che rappresenta il contesto, lo sfondo, il quasi totalmente conseguito e compreso: dal grado 99 di comprensione che lascia libero quel grado 1 di non comprensione, prende forma quella sollecitazione che genera quelle sensazioni, emozioni, pensieri.
Qui l’esercizio della volontà ha la sua funzione, qui l’arto volitivo – come direbbe Rudolf Steiner – può essere esercitato.
Mi viene da dire che lì dove la comprensione è già ampiamente strutturata, il completamento può avvenire non concedendosi ulteriore esperienza da cui attingere i dati mancanti, ma dall’esercizio della volontà tout court.
Quell’esercizio diretto della volontà implica un duplice movimento:
– la disconnessione dalla sollecitazione e dall’identificazione incipiente;
– il ritorno allo zero del sentire.
I due sono simultanei: l’attuazione dell’uno implica l’avvento dell’altro.
La capacità di attuare questa commutazione, di operare la scelta, è qualcosa che rafforza la prevalenza del sentire e della sua priorità nel nostro sistema, e determina la marginalizzazione del residuale che sorge dai sensi e dal quid di non comprensione latente.
Si rafforza la volontà? Non credo, essendo essa forza che proviene dalla coscienza e da prima di essa: si spiana la strada al suo manifestarsi semmai, e questo è di grande importanza perché ciò che oggi si realizza con qualche sforzo, domani diverrà agevole e facile grazie all’esercizio.
L’intero nostro procedere ne trarrà beneficio: quel residuo di non comprensione potrà essere condotto a maturazione anche senza operare secondo il richiamo dei sensi, i dati necessari affluiranno dalla molteplicità delle esperienze e dal sentire che, ampliandosi, tutto conduce a compimento.
ogni momento è il punto zero…..puoi comprendere solo un attimo dopo che l’hai vissuto….possiamo allenarci a comprenderlo prima disponendo l’animo….
Solo da quando frequento l’officina che mi rendo conto di quanto vivo nel mondo della non-comprensione.
Il mio cammino è ancora al grado 1 e può capitare che la mia mente trasformi quell’esercizio di volontà (per comprendere) di cui scrivi, in piccole frustrazioni, vedendo che i passi o i gradi scalati sono spesso piccoli.
Certo mi manca l’esercizio, ma ho interiorizzato il concetto che la vita è un’officina e che nulla è precluso e guardo a queste piccole frustrazioni o ai problemi che mi si pongono davanti come insegnamenti.
Partendo anche solo da questo presupposto tutto mi diventa più morbido e di miglior comprensione.
Vedo la mia volontà molto debole, credo che le comprensioni “raggiunte” siano state, per me, dovute solo all’osservazione di quanto avveniva e all’affidamento che qualcosa mutasse nel tempo.
E’ tutto molto chiaro, rimane credo la difficoltà nel capire quando siamo a quel 99% di comprensione e quindi quello sforzo in più è necessario. Credo che l’esperienza, avere anni di frequentazione del cammino sia di grande aiuto.