[…] La via della Conoscenza afferma che solamente un essere che vive una quiete interiore può riconoscere il mondo in sé.
[…] Colui che si trova immerso in uno stato di quiete interiore vive la propria umanità in modo naturale, cioè è costantemente in contatto col mondo in sé, continuando a provare emozioni, a vivere pensieri ed a manifestare comportamenti.
Nel mondo in sé la relazione è interconnessione: si è immersi in un mondo dove tutti gli esseri sono interconnessi fra di loro senza distinzioni e senza paragoni. E quindi in ogni relazione c’è attenzione sia per il simile che per il radicalmente diverso, perché queste sono soltanto categorie mentali che impediscono di riconoscere l’indifferenziato.
[…] L’uomo non sa accomunare il concetto di relazione a quello di incontro ed inoltre è portato a ritenere che ogni relazione sia con un singolo essere.
Nel mondo in sé il relazionarsi con altri simili non è che un piccolo aspetto dell’interconnessione che esiste fra tutti gli esseri viventi, e quindi ogni incontro comprende innumerevoli altri incontri su cui l’uomo non punta lo sguardo.
[…] Nel mondo in sé non esiste alcuna specificità che distingua gli esseri e lì muore quel “voi” di cui siete pieni.
[…] Gli esseri non esistono “per voi”, ma hanno il loro respiro. E nel momento in cui si incrociano è sacralità, e nel momento in cui si separano è sacralità, in quanto è sacro il luogo dove questo accade.
Stiamo parlando del semplice esistere dentro la vastità della vita che abbraccia ciascun essere e che non è riassumibile nell’incontro con voi.
Questa immagine può gettare luce su che cosa si intende quando si parla di relazione nella via della Conoscenza.
Fonte: La via della Conoscenza, La relazione come incontro nella sacralità (95)
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Capisco ciò che dice Roberta e mi sento sulla stessa barca. C’è la forte necessità di sviluppare questa doppia visione del vivere: nell’esistenziale e nel divenire, perché è chiaro che l’uno non esclude l’altro, ma si compenetrano e sono interdipendenti!
Ogni cosa è se stessa, ogni cosa è nella sua singolarità (dimensione del Divenire) in quanto è in relazione, in quanto è inserita in una trama infinita di interconnessioni (dimensione dell’Essere).
Divenire ed Essere, individuale e trans-individuale coesistono
Ho appena letto “Le relazioni: voi e il mondo” e “la vita è continua frattura”.
Non è stata una lettura semplice. Credo che anche queste letture abbiano a che fare con il passaggio dal paradigma del Divenire al paradigma dell’Essere, infatti danno una visione “sorprendente” della Relazione. Per me la Relazione è un Officina dalla quale imparare….e ciò talvolta è già molto difficile…perché spesso c’è la tentazione di assumere il ruolo di Vittima, e di dire: “E’ colpa tua…”. Dalle letture sopra indicate invece vien fuori che nessuna relazione E’ PER ME, che la relazione non parla di me, che non mi deve insegnare nulla, perché ( per colui che vive nelle quiete dello STARE) ogni relazione parla semplicemente della VITA IN SE’, di CIO’ che C’E e che non ha bisogno di esser diverso. Mentalmente posso capire quanto ho letto, posso capire che apre orizzonti di grande libertà e semplicità, ma non so come arrivare là…visto che già l’Officina è per me molto impegnativa!
Come dice Soggetto, un’officina non è in sé complessa, noi la rendiamo tale.
La prima cosa da fare è alleggerire il peso che mettiamo sui fatti, il giudizio, l’aspettativa, la colorazione personale.
La leggerezza dello stare verrà da sé perché già esiste oltre la coltre di pesantezza.