Stabiliamo il valore delle cose, delle persone, dei processi a partire dalla centralità dei nostri bisogni: ha valore ciò che interagisce creativamente con un nostro bisogno, possibilmente contribuendo a soddisfarlo.
In una evoluzione di questa visione, ha valore ciò che non riguarda me, ma noi: al soggetto singolare si sostituisce quello plurale ma la sostanza non cambia, c’è ancora qualcosa, o qualcuno che è centrale.
Nella visione più avanzata, quel noi diviene l’umanità intera, il pianeta e i suoi equilibri: la visione abbraccia tutti gli esseri e tutti i processi ma, anche qui, c’è ancora un centro, ampio quanto si vuole, ma un centro.
Dove voglio arrivare? Alla perdita del centro, della finalità, dello scopo, del divenire stesso.
Il passaggio dall’io al noi è tutto interno al divenire, non conta quanto ampio sia quel noi: il divenire prepara una stagione completamente altra, quella dell’essere, dove non solo non c’è centralità dell’io e del noi, non c’è divenire e dunque non c’è scopo, né finalità, né processo che conduca da qualche parte.
Quando voi vi confrontate con il Sentiero contemplativo, entrate in relazione con un mondo complesso in cui simultaneamente convivono l’essere e il divenire, la via mistica e la via della conoscenza (se avete tempo, leggete questo brano del CF77 sulle tre vie che persegue l’umano).
La via mistica è la via della conoscenza diretta della natura del Reale oltre l’apparire.
La via della conoscenza è la via della logica, dell’esperienza, della consapevolezza, della comprensione infine.
Il Sentiero parla senza fine dell’accadere simultaneo di questi due approcci all’esistere.
Ascoltate questi due brevi testi cantati da Roberta:
Conducimi dove vuoi
Dove è bene che io sia
Osservate come in essi è compendiato il divenire con l’affidamento radicale e totale.
Quando è possibile quell’affidamento?
Quando si conosce, si è fatta esperienza, si è sperimentata la dimensione accogliente.
L’affidamento di cui si parla non è un anelito, è una certezza, una risoluzione che non conosce dubbio perché fondata sulla conoscenza dell’accogliente.
Quella conoscenza diretta ha condotto a superare la differenza/divisione illusoria tra colui che si affida e Colui che accoglie: in realtà, esiste solo l’Essere-che-tutto-tiene-assieme, l’Essere-che-comprende-il-molteplice-ma-non-lo-diviene.
Cosa ha valore nella esperienza/conoscenza mistica?
Il singolo fatto senza tempo che svela l’infinito Essere.
L’Essere affiora dalla natura dei fatti quando questi non sono più letti nella loro successione, nel loro essere processo che vede protagonista un io, o un noi.
L’Essere affiora quando è morto il soggetto singolare e plurale e quando la realtà basta a se stessa e il percipiènte non è altro che fatto tra fatti.
Quante morti deve attraversare il soggetto affinché divenga semplice specchio di quel-che-è?
Quanto è vasto il deserto da attraversare?
C’è un’esperienza mistica che si alimenta di illusione e di proiezione, che più che mettere in evidenza l’infinitamente Altro, lo costruisce.
E c’è una mistica che è tautologia dell’Essere che può accadere nell’irrilevanza di sé.
Il tracciato che il Sentiero scrive sulla sabbia, vede il cammino nel divenire e l’aprirsi simultaneo di spiragli più o meno vasti di conoscenza autentica dell’Essere attraverso la pratica della disconnessione, della non identificazione, della coltivazione incessante dello zero.
Pienamente nei processi, pienamente oltre.
Un ossimoro.
Tenere assieme quegli apparenti opposti impone di non dimenticare mai la sostanza del senso di ciò che diviene e il suo perché, e la natura di quel-che-è così come affiora da ogni fatto.
Un occhio sul divenire, l’altro sull’Essere, la sintesi nel sentire.
Perché ci sia sintesi, l’attenzione sul sentire deve essere alta, molto alta.
Ogni identificazione oscura la possibilità di questo sguardo unitario e ci precipita nella terza via, quella dell’imparare dalla vita, sbattendo.
Se provate a guardare ai fatti dal nostro punto di vista, comprendete anche perché noi propugniamo un nuovo monachesimo, ovvero una nuova radicalità nel perseguire consapevolmente l’unità dell’Essere e dell’esistere.
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Mi accodo nel ringraziarti.
Interessante!
Grazie!
Grazie
Grazie Roberto.
Grazie
Grazie Roberto.