La fiducia e il cammino quotidiano di unificazione

Se dovessi fermarmi all’espressione di André Louf riportata da Enzo Bianchi: “Dio ama il peccatore perché in lui può dispensare la sua grazia e mostrare l’ampiezza del suo amore misericordioso. Le virtù, infatti, imbarazzano il Signore se non sono frutto della sua grazia!”, nulla comprenderei di quest’uomo e mi impedirei di cogliere la profondità del suo indagare, limitandomi a cozzare contro la forma del paradigma da lui usato così lontano da me.
Tutto ciò che l’umano proferisce sorge da un qualche modello interpretativo di sé e del mondo: ciò che Louf afferma ha le radici nel paradigma cristiano, questo nostro ragionare affonda nel paradigma del Sentiero, il pensiero ordinario di tanta gente nasce dal paradigma della vittima; se ci limitiamo alla forma di una tesi, di un concetto, di una interpretazione nulla cogliamo dell’essenza di colui che la proferisce. Ecco come le idee e le visioni possono divenire muri insormontabili; ma ecco anche come esse posso essere veicoli, strumenti di condivisione e di comunione.
Come andare oltre il muro? Affondando lo sguardo sull’intenzione che è all’origine di ogni fatto.
Di persone come André Louf, o come lo stesso Enzo, ci colpisce la vita, la dedizione e il sentire che li impregna e li sostiene: è al livello di quel sentire che li incontriamo.
Là dove le parole e i concetti possono allontanarci e renderci estranei, un sentire ampiamente condiviso ci pone in comunione, se siamo capaci di andare oltre l’apparire.
La strada del Sentiero ha le sue asperità, il nostro cammino avviene in una considerevole solitudine: chi si metterebbe a discutere con noi?
Coloro che incarnano il Sentiero non sanno curarsi del dialogare tra paradigmi, dell’essere apprezzati e riconosciuti: ogni giorno l’unico nostro scopo è di aderire al reale senza farci irretire dalle narrazioni delle menti e dal loro bisogno di certezze, di spazio e di rilevanza.
In questo nostro essere ai margini, volutamente e deliberatamente, possiamo confidare solamente su ciò che la vita ci offre e il sentire ci dichiara: possiamo fondare il nostro presente solo sul presente senza che in esso affluiscano nozioni, abitudini, riti, tradizioni, consolazioni, zavorre figlie di archetipi a cui si rivolge la propria sensibilità.
È questo un abitare nel deserto: niente dietro, niente davanti. Chi sa di cosa parlo, sa anche che la sfida non è semplice, i rischi molti, le cadute tante.
Ogni giorno, nel perseguire il cammino della conoscenza-consapevolezza-comprensione, facciamo ritorno senza fine al paradigma che abbiamo forgiato assieme, illuminandolo con la luce della fiducia: questo è il nostro modo di non perderci; questa è la nostra sorgente; questa la mano che salda ci guida.
La coltivazione senza sosta della fiducia ci permette di lasciar affluire il sentire che ci costituisce, ci orienta e ci conduce: senza la fiducia quel sentire rimane occultato oltre il velo del pensiero e noi siamo divisi e separati dalla nostra natura autentica.
Nelle nostre ore possiamo contare su quello che abbiamo compreso del reale soggettivo e del Reale delle cose, sulla capacità di leggere e interpretare ogni fatto come la risultante di quel Reale che prende la forma del personale soggettivo, e continuare e perseverare nell’opera senza fine che ci vede azzerare ogni presunzione, ogni pregiudizio, ogni aspirazione egoica, ogni prevaricazione, ogni opposizione per tornare ad una fiducia di fondo, ad un abbandono, ad un passo indietro focalizzati non sulla piccola lente con la quale guardiamo e viviamo i fatti, ma sui fatti stessi, sul loro simbolo, sul sentire che li genera e sul processo che dispiega fino a divenire fatto che accade.
Il nostro è un infinito ritorno ed un infinito re-iniziare: sempre, daccapo, allarghiamo lo sguardo, contestualizziamo l’apparente e insignificante piccolo fatto nell’insieme da cui sorge.
Se non si è mossi da una fiducia di fondo quest’opera non è possibile, non è sostenibile nel tempo:
è la fiducia che sostiene la consapevolezza, la capacità di guardarsi;
è la fiducia che genera la volontà di azzerare, di non mettersi al centro, di decentrarsi da sé, di non cadere nel vittimismo;
è la fiducia che permette di ricominciare nella lucida consapevolezza che non si riparte mai dallo stesso punto.
Liberi da ogni forma e da ogni appartenenza, siamo anche profondamente soli all’apparenza, ma così non è nella sostanza, oltre l’apparire..
È solo chi cerca qualcosa o qualcuno e non lo trova: ma se quello che cerchi l’hai già trovato?
La fiducia che ci muove e ci conduce è uno dei volti di ciò che abbiamo sempre cercato, è l’unificazione operante, il processo del costituirsi Uno consapevolmente che assume una forma nel divenire.
Ordinariamente noi pensiamo che la fiducia sia un dono nel mentre si procede, uno step del processo stesso: non comprendiamo che è già la meta che si svela e che ci rende nuovi nell’interiore, nelle relazioni, nella vita intera perché genera in noi nuovi occhi e nuova mente: la fiducia è figlia della comprensione, figlia maggiore, figlia che tutto cambia e trasmuta.
La fiducia comporta il sostanziale abbandono della nostra concezione di essere solo limite e separazione, e ci induce a lasciarci attraversare da un ignoto che ci costituisce con una forza nuova, che ci plasma con un respiro ampio, che ci proietta nel vivere senza paura, senza resistenza, senza tutto quello che il timore di sé e dell’altro implicano.
La fiducia ci rende audaci e permette alla nostra umanità di fiorire.
La paura ci umilia.
La fiducia è la nostra maestra e la nostra custode, ogni giorno, ad ogni ora il monaco – colui che realizza l’unità interiore consapevolmente – incessantemente torna ad essa e su di essa si fonda.
A partire dalla fiducia il monaco può ed osa vivere, propone la propria umanità ed, infine, se ne dimentica così come si fa con un abito non più adatto alla stagione.


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Natascia

Sorge gratitudine. Per la vicinanza dei fratelli e delle sorelle, che lungo il cammino, donano il loro tempo per la condivisione. Il gesto, oltre al post, riporta la barra al centro e aiuta a non perdersi.

Nadia

Denso, carico, pregno… mai ricambieremo abbastanza…

Luca

Non è facile lasciare alle spalle i propri ideali per cambiare prospettiva…
Ma lanciarsi verso il vuoto ripaga

alberta

Sarebbe ostile il percorso senza la fiducia….nutrimento e luce.Grazie

natascia

Fiducia. Non saprei dire da cosa scaturisce. A volte la sento forte, spontanea, altre volte è preceduta da un intenzione, da un atto di volontà. Come a dire, non è comprensione totalmente acquisita, ma un processo in divenire.

Anna

L’andare al di la del muro e cogliere l’intenzione…..
Grazie

Roberta I.

Post denso. Da rileggere ancora per meditare sulla fiducia. Come sempre, grazie per la chiarezza e l’ampliamento di prospettiva che porti con le tue parole.

Marco Dellisanti

“Come andare oltre il muro? Affondando lo sguardo sull’intenzione che è all’origine di ogni fatto”. Un bell’invito a non lasciarsi fregare dai pregiudizi…
Grazie

Samuele Deias

Sostanza e nutrimento. Grazie

Roberta G

Leggere del concetto di Fiducia mi solleva, mi fa fa tornare la gioia, fa cessare la paura…mi aiuta a rialzarmi, nonostante la pesantezza e il fastidio dell’ingombro di me, molto presente.
Grazie!

Sandra

Come per Luciana, parole da scolpire! Grazie di cuore

Luciana Gelli

“La fiducia ci rende audaci e permette alla nostra umanità di fiorire.
La paura ci umilia.”
Grazie!

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