Oggi i cristiani fanno memoria del Cristo risorto, di Colui che riconoscono come Figlio di Dio anche, e soprattutto, in virtù di questo evento.
Non sanno, i cristiani – avendo fatto macerie di tutta la conoscenza antica che non fosse la loro – che non c’è umano che non risorga in un’altra dimensione di coscienza una volta che il suo veicolo fisico muore.
Essi, per credere in Dio, nell’unità indissolubile del cosmo, nella vita che sopravvive alla morte hanno bisogno di un segno eclatante, segno che a suo tempo, evidentemente, gli è stato dato a misura della miseria della loro fede, affinché aprissero gli occhi su quell’Uomo che era venuto da loro e sull’insegnamento che gli aveva consegnato.
Non erano di certo bastate le parole, la testimonianza di vita, la qualità della relazione con quell’Uomo; già allora, finché Lui era in vita, avevano avuto bisogno di segni eclatanti, ma non erano bastati.
Dopo averlo abbandonato nel momento più tragico della sua esistenza ed essere fuggiti disorientati, saranno le “apparizioni” che attiveranno in loro dei processi di interrogazione sulla esperienza con Lui, sul senso vero e profondo delle Sue parole, dei Suoi gesti, della Sua presenza. A quel punto, in virtù delle esperienze fatte, dell’insegnamento ricevuto, della testimonianza del “risorto”, apriranno gli occhi e il cuore e, come tutti i bambini, nel tempo si imbeveranno del nuovo, lo esalteranno, genereranno a loro volta fenomeni e arriveranno al punto di donare le loro vite per la loro fede.
Un iter eclatante, ricco di simboli che traccia l’identikit perfetto del bambino nella fede.
Riassumendo: il bambino nella fede ha bisogno di segni, altrimenti non crede, e, quando crede, è temibile perché è imbevuto di idealità, di emotività e di irrazionalità.
Ecco il latte per i bambini di ogni stagione della vita e di ogni epoca: ad ogni latitudine fenomeni di natura soprannaturale (sic!) illuminano il cammino delle menti semplici affinché si aprano al vasto, al non condizionato, al Principio che tutto genera e che travalica il mondo dei sensi e delle percezioni.
Ecco le fedi/ideologie confezionate per nutrire le menti, eccitare, conferire senso alla vite dei senza senso.
Così è, e c’è poco da aggiungere.
Non è questione dei soli cristiani: in ambito esoterico, quale diffusione avrebbe avuto il messaggio del Cerchio Firenze 77 se non fosse stato supportato da un’abbondanza di fenomeni?
Ma, al mondo, non ci sono solo bambini, ci sono anche adulti che non sanno che farsene del latte e mangiano il pane, anche quello duro.
Il pane degli adulti è il processo di conoscenza-consapevolezza-comprensione, un processo che non ha bisogno di segni, che li rifugge anche, perché è orientato alla sguardo interiore, alla lettura e interpretazione di sé, dei comportamenti, dei pensieri, delle intenzioni: i segni esteriori parlano della realtà interiore, questo l’adulto lo sa e non si fa incantare da ciò che appare ai sensi.
Questo processo conduce alla conoscenza e all’esperienza diretta del Dio-in-sé: il credere dell’adulto non ha bisogno di un sistema di credenze, di ideologie, di idealità, di un impianto filosofico e teologico, tanto meno del circo dei segni: l’adulto crede perché conoscendo sé ed il reale, conosce Dio e ne fa esperienza diretta.
La fede dell’adulto è semplice e scarna, povera e non ha bisogno di aggiunte.
È intima e personale, silente e discreta e toglie invece di aggiungere.
Molto molto bambino anche io. Capisco che il cammino è centrale nella mia vita, ma spesso mi perdo. Faccio difficoltà ecco..
Ad un certo punto del percorso di conoscenza di sé, se il percorso è inteso nel demolire le sovrastrutture che ci hanno sostenuto in parte (ma che poi rischiano di diventare delle gabbie) e sono invece volte alla ricerca del senso profondo delle cose, all’essenziale appunto, allora il percorso ha una giusta evoluzione, a mio avviso.
Non si è mai arrivati totalmente, ma ad un certo punto non si ha più bisogno di cose eclatanti, ma è l’ordinario che svela la straordinarietà della Vita.
Grazie! Leggerò tutto con calma, ma intanto grazie!
Grazie, tra l’altro mi ero sempre chiesta il significato simbolico, di coloro che vedono – creano scene di miracoli…ora è chiaro.
Ci.sono anche”cristiani”autentici, saldi nella fede, che non hanno bisogno di segni esteriori e vivono nella più pura semplicità e gratuita’. Sentono il processo unitario e non rincorrono un Dio lontano da se’. Mi piace parlare di persone senza etichettarle troppo.
Non c è necessità di quell’impianto filosofico e teologico di cui parli, anzi lo sento proprio lontano…però fatico ancora nel rivolgermi a Dio senza considerarlo altro da me. C’ è comunque senso di unità con ciò che circonda, con l’universo, questo è avvertito nitidamente.
Cosa intendi per ” i segni esteriori parlano della realtà interiore”? Ti riferisci solo al fatto che è la coscienza a generare le nostre scene, o ad altro?
A Nadia. Tutto ciò che accade nel divenire è generato dalla coscienza e parla dei suoi processi, anche i segni più eclatanti, i miracoli, i doni dello spirito di qualunque natura sono da leggere come simboli di processi.
Ecco che il fatto più grande, una guarigione miracolosa ad esempio, parla del processo di comprensione di quella persona: tutto ciò che accade fuori svela il dentro, l’interiore.
In quest’ottica c’è poco spazio per gli entusiasmi infantili, molto per il lavoro di decodifica dei segni.
L’adulto sa che tutto è “spirito”, vibrazione, costruzione ologrammatica, che la “vita è costruita con la materia dei sogni” e allora non è incline ai superlativi, vede il reale come emanazione diretta della natura di Dio.
Ho iniziato giovanissima ha sentire una spinta che non sapevo interpretare, a 27 anni ho iniziato un percorso, e alcuni amici di cammino mi parlavano di belle e particolari esperienze, e io li invidiavo perché non mi succedeva mai niente! Ci sono voluti anni per capire che i “fenomeni” non erano obbligatori, necessari e tantomeno da ricercare! Sì, ho avuto momenti particolari, passaggi significativi: commozione profonda legata ad una chiara e inequivocabile fiducia, ma niente sicuramente di fenomenale.
Credo di essere un adolescente, che intravvedere e fa esperienze di adultita’, sente che è quella la strada vera a cui tendere, ma che ha ancora bisogno di rassicurazioni e a volte persino del biberon.