Il respiro di un’esistenza è governato dal ritmo conoscenza/consapevolezza/comprensione; quello di ogni quotidiano della persona che aderisce alla via del monaco, dal ritmo conoscenza-consapevolezza/analisi-disconnessione/fiducia.
Conoscenza-consapevolezza
Le esperienze producono conoscenza, vengono accolte come possibilità, mai come impedimento, di qualunque natura esse siano.
Non si cerca di sperimentare a tutti i costi, e non si fa nulla per sfuggire a ciò che la vita presenta.
Il compito esistenziale di ogni giorno viene compiuto con partecipazione e diligenza e viene trattato come il fatto più prezioso di quel giorno, di quell’ora.
La consapevolezza illumina l’operare e l’intenzione che lo genera.
L’intero processo che dall’intenzione conduce all’azione viene monitorato: lucido è lo sguardo, chiari sono gli occhi del monaco.
Una cosa per volta viene affrontata, facendo in modo che la mente sia libera da distrazioni e da turbamenti che possano inficiare la consapevolezza del momento presente.
La parola è chiara affinché non sia confusa da chi ascolta.
L’ascolto è selettivo affinché non sorgano malintesi.
L’azione è mossa da un’intenzione univoca, libera da ambiguità.
La consapevolezza abbraccia tutto questo, una volontà salda sostiene l’intero processo.
Analisi-disconnessione
Ogni identificazione è monitorata e analizzata per determinarne l’origine, la non comprensione che la genera.
L’analisi ha tempi e modalità variabili, a volte è ripetuta e insistita, altre ha la durata di un battito di ciglia, ma non c’è identificazione nella quale il monaco insista che non sia sottoposta ad interrogazione: è l’opera quotidiana, a volte leggera, altre faticosa.
Il monaco evita la svalutazione di sé di fronte al non compreso, come evita l’orgoglio davanti al compreso.
Ad ogni analisi fa seguito una disconnessione: la mente, ingombra del contenuto dell’identificazione, viene azzerata appoggiando la consapevolezza sulle sensazioni, o, semplicemente, con il ritorno a ciò che si sta operando.
La giornata è intessuta di analisi-disconnessione perché innumerevoli sono le identificazioni, e costante è la necessità di tornare a zero, al reale non limitato dalla propria visione e interpretazione soggettiva.
Fiducia
Non esiste processo di consapevolezza-analisi-disconnessione che non fiorisca in un affidamento: non controllando il monaco alcunché della sua vita, egli torna senza fine ad affidarsi al progetto esistenziale che lo guida e lo costituisce.
La fiducia è una via obbligata contrastata dalle identificazioni e dal vittimismo che a volte emerge: il monaco che sa guardare nel ventre dei fatti della sua vita, sa che non ha alternativa alcuna ad essi, sa che in essi deve scendere per esserne cambiato, sa che da essi deve imparare e infine dai fatti si fa accompagnare e apprende a contemplarli.
Ogni fatto è la vita e chiede dedizione e abbandono senza fine: ogni resistenza è vista, analizzata, disconnessa e superata. Non importa se tornerà, le comprensioni non si acquisiscono in un solo passaggio, ma richiedono innumerevoli prove e tentativi.
Per il monaco è impossibile vivere resistendo, egli si esercita nella fiducia ad ogni respiro.
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Roberto, grazie per la risposta.
Letto appena uscito e riletto ora….questo post è da rileggere e da stampare come dice Roby I. Non dice nulla che non sappiamo già, ma è di aiuto nel quotidiano per non cadere nell’oblio, condizione che spesso mi appartiene
Uno sguardo nuovo di sé, e non c’è più identificazione, stai dove la vita ti conduce.
Nulla e tutto cambia.
E’ così come dici.
Grazie!
Due sono gli ostacoli maggiori che incontro nel processo delineato: la difficoltà di staccarmi dagli automatismi che tanto più sono ripetuti tanto più difficile è uscirne fuori. È come se nella nostra psiche si scavasse un solco con il ripetersi Delle identificazioni/automatismi, tanto più il solco è profondo tanto maggiore la fatica per sperimentare altre strade meno tracciate. Il secondo punto per me non chiaro è la mia disposizione verso l’abbandono /fiducia; molte volte lo confondo con un atteggiamento di remissione perché non ne posso più, stacco per esasperazione più che per fiducia. Mi chiedo inoltre dove arrivi il confine tra fiducia e passività: ad esempio se mio figlio mi manda segnali che mi inquietano sento che non è con il controllo che lo aiuto ma dando fiducia, eppure sperimento spesso la delusione, quindi finisco per arrendermi con amarezza. Questa è l’esperienza attuale.
Ogni fatto e’ la vita e chiede dedizione e abbandono senza fine . riflettendo mi vien da dire accogliere e affidarsi…così che la vita trovi nel quotidiano la sostanza.
“…Ad ogni analisi fa seguito una disconnessione: la mente, ingombra del contenuto dell’identificazione, viene azzerata appoggiando la consapevolezza sulle sensazioni, o, semplicemente, con il ritorno a ciò che si sta operando…..”
Ciò, come diceva Natascia, implica una vigilanza continua.
La disconnessione dopo l’analisi, inoltre, necessita a mio parere, di un atto di volontà che, a seconda del coinvolgimento nel fatto analizzato, ha bisogno di molta potenza, di molta risolutezza. Quale può essere il supporto per riuscire? Un aiuto… Forse il ricordo della Fiducia?
Per me la fase della disconnessione è dura…
Roberta G: Forse la stanchezza per un certo modo personale di essere e di lasciarsi vivere..
“…la necessità di tornare a zero, al reale non limitato dalla propria visione e interpretazione soggettiva.”
Sul perché disconnettere, uno dei pilastri.
Una bussola chiara per un sentiero a portata di mano e alla nostra portata direi; più volte sperimentato e più volte disatteso.
Molto utile per me sentirmelo dire di nuovo, con parole e sfumature diverse che in me producono una conoscenza e consapevolezza superiori o più solide.
Grazie.
L’orizzonte delineato in questo momento è chiaro. So che non sarà sempre così, come è già stato in passato, ma so anche che poi lì si finisce per tornare.
Non so bene perché ma mi viene in mente questa frase: “Oh Signore, non sono degno di partecipare alla tua mensa, ma di soltanto una parola e io sarò salvato”. Probabilmente parla del mio senso di inadeguatezza, ma credo anche della fiducia in qualcosa di più grande in cui il limite si perde perché ne è parte.
E’ per me!
Grazie
Post denso di indicazioni chiarissime per affrontare il quotidiano senza perdersi nel vittimismo. Da stampare e rileggere più volte. Grazie.
Sono spesso lontano da questa dedizione e il peso per il non finito e l’incertezza di certe beghe invade le mie giornate.
Questo post aiuta ad un’attitudine nel quotidiano che porta allineamento. Grazie!
Devo porre più attenzione sull’analisi e la disconnessione: ho, in questo periodo abbondanza di materiale da analizzare e disconnettere.
Grazie…
Caro Roberto, penso che questo utilissimo post sia nato dopo la condivisione di Roberta e le nostre in risposta!
Queste parole sono una guida chiara e senza fronzoli per navigare e attraversare l’umanità con tutti i suoi aspetti e gli insegnamenti che questi portano. Grazie!
L’affidarsi, riconoscere che si è parte di un disegno più grande di quel che possiamo percepire, tornare a zero ogni volta, dona un senso di pace, non c’è ansia, né aspettativa. Questo non ha a che fare con la passività, tutt’altro, implica una vigilanza continua, ed un costante sguardo sul ciò che è.