Tratto da: Annali del Cerchio Ifior, 15 marzo 2011
[…] Giunti a questo punto è forse il caso di fare un’ulteriore ricapitolazione di quanto abbiamo detto fin qui nel nostro esame del sistema akasico/fisico dell’individuo incarnato, fornendo, nel contempo, ulteriori elementi che si possono dedurre dalle osservazioni che vi abbiamo fin qui proposto.
Se si vuole cercare la genesi dello psicosomatismo è ovvio, a questo punto del nostro ragionamento, che bisogna trovarla all’interno delle incomprensioni che l’individuo non ha risolto.
Queste incomprensioni, modulate dalla costituzione del suo carattere, ricevono la spinta verso l’esperienza attraverso le vibrazioni di richiesta provenienti dall’akasico, arrivando a manifestarsi attraverso la personalità dell’individuo, e cioè nella manifestazione dell’individuo all’esterno di se stesso in rapporto alle esperienze che l’esistenza gli pone di volta in volta dinnanzi.
Qualsiasi incomprensione provoca un disagio vibratorio all’interno dei corpi dell’individuo, disagio che ha la funzione sia di attirare l’attenzione del corpo akasico, sia di fornire la spinta all’Io per cercare di trovare un equilibrio che non lo disturbi.
Da questa considerazione deriva la nostra affermazione che, in realtà, praticamente tutto quello che vi accade interiormente porta a delle somatizzazioni, ovviamente di grado diverso a seconda dell’ampiezza dell’incomprensione in gioco. Molti di questi psicosomatismi sono talmente leggeri che i loro effetti non ricadono sotto la vostra attenzione e si risolvono facilmente e in continuazione al vostro interno. Quando, invece, questi effetti sono più pesanti, essi disturbano (spesso anche pesantemente) la vostra vita ed è proprio ad essi che la vostra attenzione deve essere rivolta per cercare di annullare la causa interiore che li mette in atto.
Quando, malgrado i vostri tentativi, le risposte che rimandate all’akasico diventano gradatamente più esigue e sempre meno funzionali al raggiungimento di una maggiore comprensione, lo psicosomatismo tende a diventare una costante ripetitiva e difficilmente risolvibile nel corso della vita, assumendo le caratteristiche tipiche della cristallizzazione.
Di conseguenza, se vogliamo, possiamo arrivare a considerare la cristallizzazione come una fase abnorme attraversata dallo psicosomatismo, ovvero una sua fase che ha trovato un equilibrio vibratorio interno che respinge al di fuori di se stesso qualsiasi sollecitazione esterna che tenti di spezzare quell’equilibrio.
Esaminando questo concetto dal punto di vista di quanto abbiamo detto in precedenza, si potrebbe assimilare lo psicosomatismo a un sistema aperto, in via di modifica, e la cristallizzazione a un sistema chiuso in cui le influenze esterne trovano difficoltà di penetrazione.
Attenzione, però: questa è solo una concezione che non rappresenta veramente la situazione reale ma si tratta soltanto di un’idea, un parallelismo che vi forniamo per aiutarvi a comprendere meglio la differenza tra i due elementi. In realtà, infatti, come abbiamo visto in precedenza, anche la cristallizzazione è un sistema aperto: quello che manca all’akasico per arrivare a penetrarla è soltanto la combinazione giusta di comprensioni che fornirà la vibrazione adatta a portare al disgregarsi della cristallizzazione.
Di fronte a una cristallizzazione, né le richieste dell’akasico, né i tentativi da parte dell’Io di ritrovare un equilibrio complessivo dei corpi inferiori che gli danno vita hanno successo, portando, come conseguenza, a disfunzioni interne dell’Io stesso, ovvero a squilibri energetici nel regime vibratorio dei corpi inferiori.
La situazione si risolverà soltanto quando altre comprensioni andranno lentamente ad intaccare il nucleo di incomprensione cristallizzato indebolendone, molto lentamente, la rigidità.
Diversi tra voi fanno, in parte giustamente, un collegamento diretto tra gli psicosomatismi, le cristallizzazioni e le vite precedenti.
E’ evidente che il collegamento esiste: se la genesi deriva da un’incomprensione, è conseguenza logica arrivare a concludere che quest’incomprensione, se non risolta, si ripresenterà nella vita successiva, anche se in piccola o grande parte modificata nei suoi effetti a seconda delle sfumature di comprensione aggiunte dal percorso della vita precedente.
Tuttavia, come abbiamo sempre detto, è inutile, al fine di risolvere le incomprensioni nella vita corrente, conoscere quanto riguarda le vite precedenti.
Prima di tutto perché tutti gli elementi che possono aiutare a trovare le risposte alle richieste dell’akasico sono presenti sempre e comunque all’interno della vita corrente; secondariamente perché comprensioni, carattere, personalità ed ambiente dell’individuo nella vita precedente sono tutti elementi in gran parte diversi dall’incarnazione presente dell’individuo stesso, di conseguenza osservereste e giudichereste su presupposti in gran parte diversi, col risultato di confondere maggiormente le vostre idee e rendervi ancora più nebulosa la situazione.
Per renderci conto meglio di questo concetto basta pensare che, nel sistema individuale akasico/fisico, entra in gioco una componente di non indifferente portata nell’estrinsecazione dello psicosomatismo, ovvero ciò che è esterno all’individuo, quindi, per esempio, l’influenza degli archetipi transitori a cui un individuo è collegato nel corso di una vita.
Questi archetipi transitori, viene perciò spontaneo chiedersi a questo punto, che influenza hanno sugli psicosomatismi?
Senza dubbio sul meccanismo interiore che porta alla loro formazione non hanno un’influenza sulla quale valga la pena congetturare, ma ne hanno molta, invece, per esempio nella determinazione dell’organo bersaglio. Se ci pensate attentamente, col variare delle mode o delle conoscenze e credenze c’è sempre stato un variare degli organi bersaglio: in passato, per esempio, non era relativamente frequente come nei giorni vostri il presentarsi di quello psicosomatismo diffuso che è l’anoressia, stimolato e aiutato nel suo presentarsi dall’archetipo transitorio della bellezza fisica, così di moda attualmente, mentre era molto più frequente che si manifestasse in organi quali intestino o fegato e, di conseguenza, epidermide.
Ovviamente gli archetipi transitori hanno un certo peso anche in quella che è la manifestazione all’esterno dello psicosomatismo e dei comportamenti che l’individuo tiene nell’estrinsecarsi all’esterno di sé, e questo mi sembra talmente evidente che penso non sia necessario dilungarci fornendovi degli esempi.
Dopo aver esaminato genesi, sviluppo e meccanismi dello psicosomatismo, non resta, infine, che cercare di vedere cosa è possibile fare all’individuo per diminuirne gli effetti se non, addirittura, risolverli nel minor tempo possibile, in maniera che non possano più disturbare o rendere difficile la vostra sperimentazione nel corso delle vostre vite sul piano fisico.
Risulta quasi banale, a questo punto, affermare che per risolvere felicemente i vostri psicosomatismi sia necessario che voi riusciate ad ampliare la vostra comprensione.
“Facile a dirsi” direte certamente voi “ma in pratica, come voi stessi avete affermato, non ci sono elementi che ci forniscano prospettive sicure attraverso le quali risalire, partendo dal sintomo psicosomatico, alle cose che non riusciamo a comprendere”.
Sono, ovviamente, d’accordo con voi su questa obiezione. Ma questo non significa certamente che voi non possiate fare niente per controbilanciare i vostri psicosomatismi!
Il problema, per voi, nasce dal fatto che vorreste che accadesse come ai personaggi di uno dei vostri film: sotto la spinta di ciò che vive ecco che, improvvisamente, arriva la catarsi e la comprensione e il personaggio scioglie immediatamente, e con un lieto fine appagante, l’incomprensione che lo teneva bloccato, superando con un improvviso colpo di coda definitivo i problemi che lo attanagliavano fino a un fotogramma prima.
Ahimè, creature, purtroppo non siete i protagonisti di un film, ma di una vita fatta di esperienze che, per voi, sono totalmente reali e la comprensione raramente arriva in toto e diventa illuminante trasfigurando il vostro essere: essa arriva goccia a goccia, con pazienza, attraverso tentativi e buona volontà, mantenendo salda la speranza che, prima o poi, supererete i vostri ostacoli, facendo tesoro della sofferenza o della gioia davanti alle quali di volta in volta vi trovate!
“Belle parole” penserete “ma in pratica, cosa possiamo fare?”. Scifo
Cosa fare
La risposta (anzi, le risposte) le avete già tutte: ve le abbiamo fornite ripetutamente in tutti questi anni:
dovete abituarvi a guardare voi stessi con occhi attenti e non pronti a fornirvi scuse e giustificazioni per le vostre mancanze, perché la condiscendenza verso voi stessi vi porterà a ripetere gli errori e ad aumentare le vostre possibilità di andare incontro al dolore.
Dovete cercare di mantenere inalterata nel tempo la sincerità verso voi stessi, perché se non vi riconoscerete e accetterete come siete non potrete avere le basi sulle quali costruire la vostra serenità, in quanto presupposti errati non possono che portare a nuovi errori.
Dovete stare attenti all’immagine di voi stessi che dagli altri vi viene rimandata e saper cogliere da essa le differenze indicative rispetto all’immagine che voi possedete di voi stessi, perché ciò costituisce la grande possibilità di confrontare ciò che pensate di essere con ciò che apparite essere, trovando quella via di mezzo che è costituita da ciò che voi siete veramente.
Dovete affrontare le esperienze, anche le più difficili, il più immediatamente possibile, perché il fuggire da esse o il rimandare di affrontarle vi porterà a giungere al momento in cui la vostra sofferenza sarà talmente grande che non potrete più fare altro che subirla, rendendola non un dono ma una catena.
Dovrete riconoscere e accettare quello che davvero volete, per quanto miserevole ed egoistico questo volere vi possa sembrare, perché troppe volte rifiutate di prendere atto di quelli che sarebbero i vostri veri desideri per paura di essere sottoposti al giudizio della società, di chi vi sta vicino e di voi stessi, con l’unico risultato di diventare voi stessi fonte di infelicità, e non solo per voi.
Dovrete imparare a convivere con voi stessi senza lasciarvi opprimere dagli eventi, dal vittimismo, dal desiderio di attenzioni, di considerazione, di importanza, trovando in voi stessi l’attenzione, la considerazione e l’importanza che così spesso vi negate per essere ciò che gli altri vorrebbero che voi foste e non quello che vorreste essere voi.
In fondo, figli nostri, si tratta di cercare di conoscere voi stessi e di osservarvi con attenzione, niente di più e niente di meno, tenendo sempre presente che ciò che il vostro Io sembra spingervi a fare in fondo è un inconsapevole aiuto che vi offre, e che l’Io stesso e le reazioni che produce possono essere, devono essere un mezzo per arrivare alla comprensione, non uno strumento per evitare le responsabilità che avete, primariamente, verso voi stessi.
Se soffrite per uno psicosomatismo non statevi a piangere addosso, ciò non serve ad altro che ad alimentarne l’intensità.
Cercate, invece, di determinare quale parte di voi stessi state rifiutando e, una volta che la individuate, cercate di sciogliere le cause che muovono il vostro rifiuto, senza aver timore di affrontare voi stessi a viso aperto.
Magari ci vorrà del tempo prima che il meccanismo che dentro di voi ha messo in moto il processo dello psicosomatismo finisca di operare, ma, se non fate nulla, esso non si fermerà e allora perché restare immobili, impotenti ed inermi, invece che provare a cambiare le cose?
Il cambiamento non vi deve spaventare perché esso porta in sé il germe di un nuovo “voi stessi”.
Certo, avete a disposizione molte vite per ottenere tutto questo, e questo fatto può essere una consolazione, ma state attenti che non diventi, invece, una scusa per rimandare ciò che tanto, prima o poi, dovrete comunque fare.
Non pensate che sarebbe molto meglio riuscire nell’oggi, e non in un ipotetico domani, a diminuire la vostra sofferenza e a rendere la vostra vita più serena?
Nei momenti più difficili cercate di ricordare quello che vi abbiamo detto spesso, ovvero che “in ogni uomo arde una candela che nessuno può spegnere” e fate di queste poche parole non una semplice promessa di speranza, ma un ancora di certezza dalla quale trarre la forza per affrontare adesso, nel qui e ora, voi stessi e la vostra esistenza. Moti
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Grazie!
Grazie. La prima parte è molto contorta e in pratica ho capito solo che alla base degli psicosomatismi ci sono sempre delle incomprensioni. La seconda per fortuna è molto più chiara.
So cosa sono gli psicosomatismi. Questo post è un vademecum per lavorarli.
Grazie. Questo post mi vibra tantissimo.
Post da approfondire, rileggere e meditare. Si, non si può fuggire da se stessi. Grazie
Avevo appena scritto un lungo commento che per sbaglio ho cancellato…..
Tutto dipende da noi perche’ solo ognuno di noi ha il diritto e il dovere di modificare, cambiare e trasformare se stesso non certo gli altri ne tantomeno le circostanze. E’ il punto di partenza e di arrivo all’ interno del quale sta la relazione con gli altri e con il mondo intero…..e’ la costruzione dell’ unita.
Anche se ultimamente sono poco presente nei commenti, la vibrazioe dell’ organismo affiora sempre piu’
Grazie a tutti
Davvero molti spunti! Grazie.
grazie, una prassi di vita.
Un importante utensile questo post che mette le ali alla voglia di tentare, ancora e ancora, di non rimandare ciò che può essere lavorato ora.
Vedere con onestà le increspature, se non a volte le grandi discrepanze, tra l’immagine derivante dalle relazioni e quella che ci si è costruiti addosso.
Rimuovere quelle paludi che non fanno fluire acqua nuova, dati nuovi.
Oscillare tra l’azione e l’osservazione.
Lavorare in sinergia con la mente e con una identità che non può essere solo il nemico.
Non agire compulsivamente o all’opposto bloccare per paura ogni tentativo di indagine.
Non reprimere e non indulgere.
Respirare se riesco, ad ogni fatto che la vita mi manda senza vestire i panni del guerriero serio.
Può anche esserci un guerriero clown!
Gratitudine.
Post da stampare e tenere ben in vista. Gratitudine, come sempre, per Moti.