Nel Sentiero è acquisito il concetto che la vita non ci è mai avversa: abbiamo capito il concetto, abbiamo anche compreso il principio? Non so.
È un’ottica così nuova, così rivoluzionaria del modo di intendere i fatti che ci accadono, che credo a noi serva molto tempo per interiorizzarla compiutamente.
La vita non ci è dunque mai avversa, mai è contro di noi: questo significa che ogni fatto che accade è semplicemente neutrale e dipende dalla nostra interpretazione il suo impatto e le conseguenze che muove.
Questo significa che ciò che ci accade ha diverse possibili letture, per questo diciamo che è neutrale – senza connotazione stabilita a priori – ma queste, le letture che noi possiamo dare ai fatti, diventano qualcosa di esclusivamente nostro, che parla a noi di noi.
Esemplificando, se mi rompo una gamba:
– non significa univocamente che sono sfortunato, significa che questo fatto lo posso interpretare in diversi modi, essendo in sé solo un fatto neutrale, solo un “essermi rotto una gamba”;
– posso dirmi: “Non sei stato abbastanza attento mentre facevi quell’operazione”, dunque devo imparare ad agire con maggiore consapevolezza ed attenzione;
– posso considerare che era da tempo che correvo senza più riuscire a fermarmi, e allora mi è capitato questo che mi costringe ad un mese di divano;
– posso valutare quanto tengo alla mia indipendenza ed autonomia ed ora, invece, mi tocca dipendere da tutti;
– posso dover fare i conti con il fatto che il mio lavoro ne subirà delle conseguenze, e dovrò fare un grosso atto di fiducia per non preoccuparmi e farmi travolgere dall’ansia.
Il fatto è uno, mi sono rotto una gamba, le letture molteplici e tutte parlano a me e di me, mi dicono qualcosa, mi svelano: vedete che non ho mai detto che forse la responsabilità di quel fatto potrebbe ricadere su mia moglie che ha lasciato quello scatolone in mezzo alle scale, ho escluso a priori la possibilità di essere vittima di qualcuno e dei suoi errori, considerando, sempre, che ciò che si presenta, anche se provocato da altri, a me e solo a me parla.
Dunque non c’è spazio alcuno per la vittima, mai, e questo sì, in assoluto.
Ora, questi fatti-che-sono-per-me hanno una funzione ben precisa: indicarmi qualcosa di me, del non compreso che mi condiziona; suggerirmi una via, una direzione; indurmi a riflettere, a cambiare, a mettermi in discussione; propormi una scelta, una decisione che è tempo che io prenda; oppure, ad esempio, farmi vedere il mio egoismo, la mia immaturità, la mia paura affinché io li affronti.
Questi fatti-che-sono-per-me hanno tutti una valenza esistenziale, tutti impattano nel profondo di me, anche quando buco la ruota dell’auto, anche quella scena ha una valenza esistenziale: perché?
Perché il mio modo di reagire mi svela e parla delle mie paure, delle ansie, dei timori che mi assalgono perché, magari, debbo tardare mezz’ora al lavoro.
Ho semplicemente bucato e mi si svela un caleidoscopio di reazioni, di emozioni, di disagi e tutti parlano della mia esistenza, di me complessità esistenziale.
È stata dunque la foratura a me avversa? No, è stata quella benedizione che mi ha messo davanti alle mie reazioni.
Non vale questo anche per una somatizzazione, una malattia, un licenziamento, una promozione, una caduta della mia reputazione agli occhi degli altri, un successo che mi inorgoglisce?
La vita non è mai contro di me perché essa altro non è che la mia coscienza, il suo compreso e non compreso che si dispiega, e dunque i fatti del mio quotidiano sorgono dalla coscienza e ad essa ritornano con i frutti dell’esperienza che hanno permesso.
Dalla coscienza alla coscienza attraverso l’esperienza: sperimentando diviene evidente il non compreso e si acquisiscono dati che conducono alla comprensione necessaria.
È tutto qui il fenomeno della vita, il suo senso e fine.
Se noi impariamo a guardare ai fatti della nostra vita, a quelli dei nostri partner, a quelli dei nostri figli che così tanto ci mandano in ansia, al nostro lavoro, ai destini del nostro Paese in quest’ottica, quanto ne saremo alleggeriti?
E quanto, ora dopo ora, potremo scoprire il disegno profondo dell’esistenza che offre a ciascuno il necessario, che mai è matrigna perché altro essa non è che la proiezione nel divenire del sentire da noi conseguito e da conseguire?
Se dunque la vita è questo, cosa mai dobbiamo temere?
Da quella rappresentazione non potremo che trarre beneficio, che ricavare una possibilità di divenire migliori.
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Ho letto il post e i commenti. Di grande aiuto in questo passaggio per me, molto delicato. L’interpretazione dei simboli, il non cadere nel ruolo della vittima, perseguire la ricerca interiore coltivando la fiducia sono parole che mi si imprimono dentro e mi danno pace. Come alcuni di voi hanno scritto, non è facile decodificare i dati, comprendere il senso dei fatti che accadono, a volte così pesanti. Ora più che mai, ho necessità di ancorarmi alla mia parte profonda, dove risiede la fiducia. Mi permetto di guardare i fatti, pur senza comprenderne l’insegnamento profondo, cercando di non lasciarmi travolgere dalle emozioni e dai sentimenti di rabbia e di paura. Mantenermi centrata è l’imperativo a cui tendo. Di aiuto la preghiera, la vostra vicinanza, le letture di testi delle guide. L’intensivo appena trascorso mi ha permesso di distendere le tensioni accumulate. Riconosco ancora una volta, l’importanza del cammino che stiamo facendo, la necessità di coltivare l’organismo comunitario, mantenere vive le relazioni e la possibilità di scambio. Sento profonda gratitudine per aver potuto accedere a questo insegnamento, per avere avuto la possibilità di costruire con voi, compagni di viaggio, relazioni più vere e aver la possibilità, attraverso il confronto di svelare i miei limiti e i miei talenti. Tutto nella Vita, mi porta a focalizzarmi sulla conoscenza di me, accolgo l’invito, non senza fatica, ma nella fiducia che questo sia l’unica via possibile. Un abbraccio a voi tutti.
“…credo a noi serva molto tempo per interiorizzarla compiutamente”
Confermo. Grazie
Post “ricentrante”.
Il concetto è chiaro, ho bisogno di farlo mio, di acquisirlo. Per troppi anni mi sono vestito da vittima invece riconosco ora che tutto dipendeva da una mia personale lettura dell’episodio. Molte cose tornano anche rispetto ad altri sentieri che sto percorrendo.
Oltre che Robi e voi, ringrazio anche la mia coscienza di avermi fatto intercettare questo cammino.
“Spesso tendiamo a dimenticare e altrettanto spesso a dimenticare che ci siamo dimenticati!”
Condivido pienamente le tue parole Sandra!
Troppo spesso mi accorgo di non prestare sufficiente attenzione al mio quotidiano, perdendo numerose occasioni di comprensione.
Grazie Roberto per questa possibilità.
Anche questo post è una dimostrazione! È arrivato in un momento in cui era necessaria una ricentratura, un ricordare di nuovo, un tornare dall’identificazione. Spesso tendiamo a dimenticare e altrettanto spesso a dimenticare che ci siamo dimenticati! Parole da stampare e appendere. Grazie!
Sandra: ecco la funzione della via, del ripetere senza fine le stesse fondamentali cose; del procedere assieme; dell’aiuto reciproco..
Grazie.
“Non vale questo anche per una somatizzazione, una malattia, un licenziamento, una promozione, una caduta della mia reputazione agli occhi degli altri, un successo che mi inorgoglisce”. Manca il punto interrogativo…
Grazie
La comprensione di questo principio, che la vita non è contro di noi, ci aiuta ad accettare e accogliere i fatti che accadono, anche quando non riusciamo a interpretarne i messaggi. Possiamo valutare la relatività del nostro compreso da quanto ancora facciamo resistenza e rifiutiamo ciò che è per noi. Dalla comprensione scaturiscono gratitudine e fiducia.
“…Il fatto è uno, mi sono rotto una gamba, le letture molteplici e tutte parlano a me e di me, mi dicono qualcosa, mi svelano: vedete che non ho mai detto che forse la responsabilità di quel fatto potrebbe ricadere su mia moglie che ha lasciato quello scatolone in mezzo alle scale, ho escluso a priori la possibilità di essere vittima di qualcuno e dei suoi errori, considerando, sempre, che ciò che si presenta, anche se provocato da altri, a me e solo a me parla.
Dunque non c’è spazio alcuno per la vittima, mai, e questo sì, in assoluto….”
Sì, infatti queste considerazioni sono di grande portata!
Nessuno di coloro che sono attorno a me hanno responsabilità per ciò che mi capita perché ogni lettura del “fatto” parla a me e prescinde dagli altri. Cioè la scena non accade, per esempio, “per me e mio marito”, ma accade “per me”. Lui la leggerà in modo diverso, per ciò che gli è necessario.
Mi ha colpito questo aspetto, perché troppo spesso cado nell’abitudine di ricercare negli altri la causa del mio disagio (e di sentirmi vittima) e perché mi sembra che inauguri anche un nuovo modo di relazionarsi con le persone che ci stanno accanto, mi sembra con un minore attaccamento emotivo…con minore spazio per il controllo e per la dipendenza.
Sì è vero, ottica nuova e rivoluzionaria che pacifica…”il mio reagire mi svela”…gratitudine!
Perfetto! Espresso molto chiaramente senza possibilità di dire ‘si ma..’
Poi il paziente lavoro di decifrare i simboli e gli stimoli che le esperienze ci mandano ed è proprio come dice Maria per quanto mi riguarda.
La difficoltà nel leggere i simboli ma più sofferenza nell’ignorarli.
Grazie!
E’ in quest’ottica che il giorno viene accolto anche quando genera sofferenza, anzi a maggior ragione.
Tutto diventa semplice e sostenibile
” dalla coscienza alla coscienza attraverso l’esperienza” mi giunge come una lucida sintesi del nostro programma esistenziale. La difficoltà che trovo è nella Decodifica dei dati , molte volte preferisco non vedere, tenermi il groviglio in cui cado per paura di soffrire per la fatica che richiede lavorarci su. Non mi accorgo tuttavia che ben più grande è la sofferenza che deriva dalla stasi, molto maggiore il carico di energia disperse.
Post di grande chiarezza che desta in noi la fiducia