L’inconsistenza di me e l’affiorare del Reale

Quando scelgo di sedere in zazen – e lo scelgo due volte al giorno – ho sempre una alternativa.
Il mattino potrei dormire, è ancora buio quando mi siedo, o potrei leggere i giornali;
al tramonto potrei leggere un libro, magari.

Sto rileggendo La Fonte preziosa, del CF77, libro fondamentale per tanti versi eppure incapace di rispondere ad una domanda che non è una domanda: non ci sono libri per chi non ha più domande.

Dunque siedo davanti ad un muro bianco, nel mezzo del niente.
Non ho scopo, non sto coltivando alcunché, non debbo arrivare da nessuna parte.

Quando ho fame mangio.
Quando ho sonno dormo.
Quando è tempo dello zazen, siedo.

La mente che cerca non può capire, lei coltiva uno scopo.
Il contemplativo è tale perché non ha scopo.
Un muro bianco basta: vita che accade.

Tutta la ricerca, il superamento del limite e di sé,
tutto ha condotto davanti ad un muro,
simbolo vivente del non andare, del non luogo.

Nel muro non c’è niente,
come non c’è niente in me.
I pensieri che scorrono sono niente;
il sonno che tradisce, è niente.

Non vado a frugare in quel niente
per scoprirne la natura,
lascio che compenetri ogni cellula, ogni neurone,
ogni senso di ogni corpo.

Come cerco di indagarlo,
sono di nuovo mente.
Come lascio che sia,
finalmente non sono più.

Ho cercato per lungo tempo
quel non essere più,
ora è lì, muro bianco davanti,
inconsistenza dentro.

L’inconsistenza di me
ha aperto la porta alla Consistenza del Reale,
esperienza inequivocabile in alcuni frammenti della pratica,
ma soprattutto quando ti alzi e vai nel mondo.


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Leonardo

“La mente che cerca non può capire, lei coltiva uno scopo.” È la mente che giudica, che si sgomenta quando percepisce un’assenza di fine, di scopo. Per la parte più profonda di noi l’imcosistenza di sè è colma di senso, di un senso più sottile che non si coglie con la mente. Forse quello che abbiamo sperimentato all’ultimo intensivo è proprio questo: essere disposti ad abbondanare il ‘grossolano” e fittizio senso della mente per approdare ad un senso più profondo, reale e sostanziale, quello che proviene dal sentire. L’ emergere del sentire si ha quando quando ci facciamo da parte, quando ci inchiniamo alla vita, quando comprendiamo l’affermazione “se Dio vorrà”, quando ci sediamo in zz.

natascia

Fare pulizia di tutto cio’ che e’ illusione, dell’effimero che per molto tempo ha sostanziato le mie scelte, non sara’ cosa facile. Nel tempo, molto e’ stato tolto per fortuna, ma ancora molto c’e’ che ingombra. La solitudine ed il silenzio che vivo ora, mi aiutano sempre piu’ ad entrare in quella neutralita’, ma basta un niente e l’animo si accende e la mente ricomincia a blaterare. Con fiducia e senza resistenza mi siedo davanti al muro ogni volta che posso, lasciando che questo lavori nel profondo, al di la’ di ogni mia resistenza.

Samuele

Grazie della testimonianza

Mariella

Dai giorni dell’Intensivo il pensiero di non avere più uno scopo, nessun traguardo da raggiungere, nulla più da perseguire mi accompagna costantemente. Ne vivo però lo sgomento perché è un pensiero mai coltivato prima. È un modo diverso di vivere, sconosciuto. Al momento il mio tentativo è quello di stare solo nel presente di ogni singola giornata, attenta alle scene che si presentano per coglierne i simboli. Di più non so fare.

Luciana

Non ho la tua esperienza, la tua vita spesa in ricerca, ma credo di comprendere quello che affermi e oso dire di fare un’esperienza simile. Mi alzo presto al mattino senza sforzo e sto 40 minuti seduta in zazen. Quando mi alzo la mia presenza non è più così ingombrante e mi appresto a vivere la giornata con un atteggiamento….diverso, leggero, dove tutto è relativo, e l’accoglienza predomina sulla necessità di affermazione.

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