Questo momento, questo accadere, questi fotogrammi, pochi, sempre pochissimi, e niente altro.
Stabilità, ancoraggio, essenza, Essere.
Un lavoro senza fine per fare pulizia, per eliminare dati che si sommano, per stare nel poco, nel vuoto, nel solo essere-ora.
I fatti vengono, i fatti vanno, siamo come finestre immobili sul corso del paese dove la gente passeggia.
Come dei fotogrammi si aggiungono, un sistema oramai consolidato di “troppo pieno” li elimina: stiamo nel poco, senza fine.
Al Lettore.
I post di questa fase sono come il ferro incandescente sotto la mazza del fabbro: più il fabbro batte, più il ferro si modella. Chi scrive questi post non si cura della forma, ha l’urgenza di fissare ciò che sorge dall’intuizione e non si ferma per smussare e levigare, questo appartiene a una fase futura.
Dal 2021 le domande che cercherò d’indagare sono queste:
– cosa ci lega al divenire?
– cosa diviene la vita feriale quando è sentita unitariamente?
– come evolvono le relazioni?
– come si dispiega l’archetipo del monaco?
Stare nel poco,
perdere la cognizione del tempo.
Grazie
costantemente il focus sul fotogramma il resto non esiste
passando una vita alla ricerca della solitudine in contrasto con l’indole egocentrica, pur essendo riuscito nell’intento sento che non è mai abbastanza e l’essere fatica la sua risoluzione
Mi sembra appropriata la metafora delle finestre sulla via del paese.
Anche questo Cdc sente il bisogno di sgombro, di fare spazio. Tuttavia le poche frequentazioni, fatte comunque di parole, portano facilmente a riempire.
Poi si avverte come un disagio ed è necessario riallinearsi col silenzio.
Passeggiando nel paese, a volte sono solo presa dai miei passi. Altre volte lo sguardo si alza fino a raggiungere quelle finestre.
Passeggiando, c’è sia il corso che le finestre…
La pretesa identitaria perde forza.
Non ancora prossima all’abbandono all’Essere, alla fiducia piena, si procede per tentativi, con passo maldestro.
Qualcosa spinge, dal profondo, difficile per ora riconoscerlo appieno.