Incalzato dalla via della Conoscenza, l’uomo inizia a osservare la vita con uno sguardo nuovo, perché il contro-processo lo porta a dubitare dei processi della propria mente, cioè di tutto quello che dipinge su ciò che è altro da sé e su se stesso, compresa l’abitudine di definire ogni cosa come riguardante sé o appartenente a sé.
Lo stupore nasce nel comprendere che ciò che si presenta davanti è sempre non-noto; persino le persone più vicine iniziano a parlare un linguaggio che appare nuovo, quello stesso linguaggio che lui ha continuato a travisare, dandolo sempre per scontato, e invece c’è un mondo ben diverso da quello che costruiva come il suo mondo.
Persino quelle stesse persone, che ne rappresentavano il fondamento, lo stanno stupendo, ma non perché si stiano comportando in maniera diversa: è proprio lui che sta osservando con occhi nuovi quei comportamenti che loro avevano già prima.
Quelle stesse persone gli parlano di un mondo che non è più il suo, ma è un mondo altro da sé.
Per la via della Conoscenza è proprio così: ogni essere parla di se stesso, mai di voi, e anche quando qualcuno punta il dito per dire qualcosa contro di voi, non sa che si sta solo svelando nelle pieghe della propria mente.
Porre un dubbio può cambiare il vostro modo di guardare, di ascoltare e di porvi accanto all’altro, vale a dire accanto alla vita, non a quella che considerate ‘vostra’.
Chi si affascina della via della Conoscenza diviene consapevole degli inganni della propria mente, sempre ripetitiva nel legittimarsi e nel ricacciarvi continuamente dentro un mondo ‘per voi’, dove concepite una vita che non è la vita.
La vostra struttura mentale continua a mettere in atto un processo monotono che costituisce l’impedimento per aprirvi alla vita, e che vi rinchiude nella prigione di una vita solo interpretata e temuta.
Fonte: La via della Conoscenza, “Ciò che la mente ci nasconde“, Vita, pag. 10-11
In merito alla via della Conoscenza: quel che le voci dell’Oltre ci hanno portato non sono degli insegnamenti, non sono nuovi contenuti per le nostre menti, non sono concettualizzazioni da afferrare e utilizzare nel cammino interiore. Sono paradossi, sono provocazioni o sono fascinazioni, comunque sono negazioni dei nostri processi conoscitivi e concettuali.
Non hanno alcuno scopo: né di modificarci e né di farci evolvere. Creano semplicemente dei piccoli vuoti dentro il pieno della nostra mente. Ed è lì che la vita parla.
Per qualsiasi informazione e supporto potete scrivere ai curatori del libro: vocedellaquiete.vaiano@gmail.com
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Indice dei post estratti dal libro e pubblicati
Abbreviazioni: [P]=Prefazione. [V]=Vita. [G]=Gratuità. [A]=Amore.
Le varie facilitazioni di lettura: grassetto, citazione, divisione in brevi paragrafi sono opera del redattore: i corsivi sono invece presenti anche nell’originale.
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Il Sentiero contemplativo, Cerchio Ifior
A Nadia.
Condivido quello che dici. Mi viene da dire che la prima prospettiva, quella tracciata da CI e CF è quella del ricercatore, in cui c’è il soggetto che deve apprendere e dunque tutto parla di tale processo e di tale soggetto.
Quella del CV è la non-via di chi ha smesso di cercare perché ha scoperto che non c’è nulla da cercare, dato che già da sempre si è nell’Unità, nell’Essere. È la non-prospettiva della pratica dell’Unità.
Questo mette in campo altri processi, in particolare il processo della “decomposizione” della soggettività, della perdita costante della centralità.
Almeno, questo è quello che posso intendere.
Grazie, ora riesco a mettere a fuoco la questione.
Sarò sempre grata alla VdC per avermi permesso di guardare con occhi nuovi me, l’altro da me e il recitato della mente.
Mi permetto di rispondere a Leonardo che, non è che si afferma tutto e il contrario di tutto. Di fatto sono solo differenti livelli di lettura, step in successione, in base a consapevolezze e comprensioni acquisite.
Questa la personale interpretazione.
Ancora :mettere in dubbio i processi mentali significa iniziare a percepirsi soggetti un po’ più ai margini della scena e dunque dubitare della rilevanza della propria soggettivà. Personalmente lo vedo come inizio di un processo di trasformazione : conoscenza, consapevolezza e comprensione.
È così
Quanto detto dal CI e da CF sembra contraddire la VC. Il CI sostiene che la realtà (nel divenire) è soggettiva, è la rappresentazione o la scena messa in atto dalla coscienza ai propri fini evolutivi.
Anzi, più volte si è sottolineato come sia illusorio avere la pretesa di conoscere l’altro, in quanto mai possiamo sapere cosa accade nella sua rappresentazione e come reagisce alle nostre azioni.
Difatti ciò che osserviamo dell’altro parla di noi: tutto parla di noi e dei nostri limiti.
Per la VC invece e cito:
“Per la via della Conoscenza è proprio così: ogni essere parla di se stesso, mai di voi, e anche quando qualcuno punta il dito per dire qualcosa contro di voi, non sa che si sta solo svelando nelle pieghe della propria mente.”
Sembrerebbe essere agli antipodi: qui nulla parla di noi e tutto, invece, svela l’altro.
Come si conciliano le due prospettive?
E poi.
Ok, posso porre il dubbio sui mie processi mentali, non fidarmi di essi: ma questo basta per squarciare il velo della soggettività e approdare allo svelamento dell’altro?
Ogni essere parla sempre di se stesso, svelando le pieghe della propria mente…….quanto sarebbe lieve la vita con questa consapevolezza, se solo rinunciassimo alla nostra autoreferenzialita’
Mani e piedi dentro. Grazie dell’invito a dubitare.
Quanto diamo per scontato!!!
Temiamo quello che non conosciamo