Come più volte si è ribadito, è chiaro che la fase formazione nel Sentiero sia finita e che, dunque, ora si tratta di saper incarnare quanto elaborato fino a qui.
Ecco una forte discontinuità rispetto al passato: là si chiedeva di strutturare una certa visione della realtà e di sé, qui si tratta di mettere in pratica quanto appreso.
Come emerso dall’incontro di Via del monaco, la riuscita o meno di questo tentativo dipenderà essenzialmente dai noi, tutti. Da come vivremo il nostro cammino personale nella solitudine.
Non grandi gesti, non sfoggio di grandi comprensioni, ma piccoli minuti atti che saranno la cifra del nostro cammino e che di riflesso nutriranno la Via del monaco.
Da questo punto di vista è essenziale il tema della “coerenza“, emerso in uno scambio in chat tra Anna e Roberto.
Dice Anna:
“Si parla di nuovo lavoro […] So dire di lavoro costante, di attenzione costante, di vigilanza, di perseveranza, di esperienza. In questo senso non vedo grande differenza con il percorso passato almeno per ciò che concerne gli strumenti, confido che lo sarà per altro”.
Risponde Roberto:
“Come giustamente dici, gli strumenti sono quelli, non c’è da inventare; questa volta c’è un gruppo di persone ristrettissimo, quelle che hanno dimostrato sempre dedizione, perseveranza e presenza attiva e reattiva, il nodo sarà la coerenza. […]
La questione delle coerenze non va interpretata come l’obbedienza alla legge, alle regole, l’essere ligi.
È la capacità di rimare focalizzati sullo sguardo simultaneo.
Abbandonando i bisogni, da un lato, e dall’altro lavorando incessantemente il limite.”
Questo scambio ha suscitato delle riflessioni nella forma di appunti riguardo alla “coerenza” che condivido.
Coerenza intesa non come coerenza identitaria, ovvero l’essere coerente a un modello.
Non c’è nessun modello rispetto a cui adeguarsi; anzi qui c’è l’abbattimento dell’archetipo del “modello a cui essere adeguato”, di cui la coerenza-identitaria è un riflesso.
La coerenza è quella esistenziale: la coerenza tra l’intenzione che sorge nella coscienza e che si manifesta nei piani inferiori e si fa rappresentazione.
La coerenza come banco di prova della pretesa dell’aver compreso: se hai compreso sei conseguente (appunto, coerente); se non hai compreso cadi nella contraddizione di una manifestazione incerta, non conseguente; il tuo limite ti svela.
Coerenza come non perdere di vista il limite: lo devi avere sempre di fronte, perché se perdi di vista il limite allora non ti vedi, sei nell’identificazione.
Se perdi il limite, perdi la simultaneità di Essere e divenire.
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Il Sentiero contemplativo, Cerchio Ifior
Ho dovuto riflettere anche io sull ‘ultima frase evidenziata da Mariella. Grazie lro per essere stato così chiaro.
A Mariella,
La condizione necessaria per accedere a quello stato di neutralità, qual è la contemporaneità di Essere e divenire, è la chiara e lucida consapevolezza del limite.
Il limite inteso come non compreso che in quanto tale mi spinge all’indenticazione se non sono vigile.
Quando questa vigilanza viene meno perdo vista il limite e con essa quello stato di neutralità da cui poter contemplare la realtà.
Non ho capito l’ ultimo concetto…..se perdi il limite perdi la simultaneità tra Essere e divenire. Grazie
Coerenza di parole che si traducano nel quotidiano
Grazie Leo!
Non è più possibile nascondersi dietro un dito, non perché qualcuno lo pretende, ma perché senti che se non c’è corrispondenza tra azione ed intenzione, c’è disagio. Indicazione che orienta verso una maggior coerenza ed a minor sofferenza